A Roma, nel carcere di Rebibbia una 23enne partorisce nella sua cella, aiutata dalla compagna. Succede nel 2O21 in Italia, paese civile. Amra, 23 anni, etnia rom – ha partorito in carcere da sola, senza una ostetrica, non un medico, nessun infermiere. Sola con la compagna di cella, anche lei una rom incinta al quinto mese. Il ministro della Giustizia, Marta #Cartabia, ha deciso di inviare gli ispettori a Rebibbia per indagare. E’accaduto risale a dieci giorni fa, e di certo era prevedibile perché pochi giorni prima di partorire la sua quarta figlia, la donna era stata ricoverata all”ospedale Pertini proprio per una minaccia di aborto I.l responsabile dell’Amministrazione Penitenziaria si dichiara “rammaricato”.
“Tengo a precisare che nessuna responsabilità può essere addossata all’istituto penitenziario che si è adoperato, nel limite delle proprie responsabilità e competenze, per velocizzare al massimo le comunicazioni con l’Autorità Giudiziaria e le Autorità Sanitarie competenti, in relazione all`istanza di revoca della custodia cautelare avanzate dalla detenuta”, ha aggiunto il Capo del DAP.
“Una vergogna il parto a Rebibbia, istituzioni responsabili” – “Come istituzioni siamo tutti responsabili, perché non si può far nascere una persona in situazioni di detenzione, è una vergogna”.
Commenta Mauro Palma, garante nazionale dei detenuti e delle persone private della libertà personale.
Nelle carceri italiane ci sono ad oggi 22 detenute madri nelle sezioni nido degli istituti penitenziari e negli istituti a custodia attenuata specificamente attrezzati per l’accoglienza di madri con prole (Icam).
Sono 25 i figli minori presenti in carcere insieme a loro. Ed anche in carcere in Italia, pagano di più le donne. Anche “solo” per diventare madri.
Grazie ad Alekos Prete per l’illustrazione dedicata ad Amra
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