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Letta senza bandiera a Siena

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Strane. Stranissime le elezioni suppletive a Siena. La sorte di Enrico Letta è strettamente legata a quella del Monte dei Paschi di Siena: si salvano o affondano insieme.

Tutto è legato a un filo. La “banca più antica del mondo” (fu fondata nel 1472) naviga in bruttissime acque. È stata salvata dal fallimento dal ministero dell’Economia con capitali pubblici ed ora l’Unicredit intende acquistarla. Ma ha posto condizioni durissime: 5-6 mila esuberi e la scomparsa dello stesso marchio Mps perché verrebbe incorporato.

Sarebbe un disastro per Siena, per la sinistra che per decenni ha amministrato il Mps e per lo stesso Letta. Il segretario del Pd lo ha capito, ha ampliato il suo impegno ai diritti sociali prima trascurati. Ha deciso di giocarsi tutto in un collegio in altri tempi “rosso” ma ora a rischio. Ha ventilato le dimissioni in caso di sconfitta: «Se perdo ne trarrò le conseguenze». Ha difeso il marchio e la volontarietà degli esuberi: «Mps non è un marchio semplicemente di natura finanziaria, il legame con il territorio ed i lavoratori è parte integrante della forza» della banca. Delle novità sono spuntate: la banca pubblica Mediocredito centrale rileverebbe il marchio e una parte delle filiali soprattutto al Sud scartate dall’Unicredit.

Letta per battere Tommaso Marrocchesi, certo non un big nazionale del centro-destra, deve rassicurare Siena, ferita nell’orgoglio e nei fondamentali interessi economici. Deve anche allargare al massimo le alleanze elettorali. Con questo obiettivo corre nelle suppletive per la Camera sotto la dicitura “Con Enrico Letta” ma senza il simbolo del Pd. Alle accuse del centro-destra di aver abbassato la bandiera del Pd perché se ne vergognava ha ribattuto: la scelta è per «privilegiare allargamento e spirito di coalizione». Ma quando si è posto questo problema per il centro-sinistra si sono sempre trovate altre soluzioni. Romano Prodi lanciò l’Ulivo. Le elezioni suppletive del 3 e 4 ottobre diranno se Letta ha torto o ragione.


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