Gli antenati dei social, nella Parigi di due secoli fa, erano i piccioni viaggiatori, incaricati di diffondere le fake news a velocità d’ali per costruire o distruggere ‘casi’ e reputazioni : è solo un dettaglio tra i mille che fanno di “Illusions Perdues”di Xavier Giannoli, in concorso a Venezia, un affresco al vetriolo dei meccanismi che governano l’informazione tanto di ieri quanto di oggi.
Il focus della sceneggiatura, basata sull’omonimo romanzo-cardine della monumentale “Comédie Humaine” di Honoré De Balzac, è tutto su questo tema. E’ un grande e anomalo film letterario, quello di Giannoli, che va ben oltre lo splendore dei costumi e degli arredi. Perchè usa lo sguardo tagliente dello scrittore sulla sua Parigi della Restaurazione, dopo la caduta di Bonaparte ( il romanzo uscì in tre parti tra il 1837 e il 1843 ), per denunciare la manipolazione, la corruzione, la concentrazione delle testate, il trasformismo di certa stampa del nostro presente.
L’apprendistato di Lucien De Rubempré – poverissimo poetucolo sbarcato nella capitale dalla nativa Angouleme, che si illude di dare la scalata all’alta società ma ne verrà stritolato – è una scuola di cinismo e volgarità morale. Onestà e principi non pagano, impara presto Lucien. L’informazione è merce, e la stampa un giro d’affari.
I primi rudimenti che gli instilla il suo mentore suonano stranamente familiari . “Se non puoi fare favori attraverso il giornale, non esisti”. “Per fare una buona recensione, meglio non leggere il libro : potrebbe influenzarti”. “ Una bufala ( ‘canard’, in francese ) e la sua smentita fanno due notizie”.
“Pagheresti per venderti”, dice a un amico giornalista Gerard Depardieu, che nel film è il più potente editore di Parigi, un ex fruttivendolo che non sa leggere e scrivere. Si decreta, a tariffa, il successo o il fiasco di un libro come di uno spettacolo. E a reggere i fili di tutto c’è l’alta finanza, che dal suo Olimpo manipola l’ascesa e il declino delle testate, e di chi vi scrive, come burattini.
Ma di battute folgoranti firmate Balzac il film è zeppo. “Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze”. E l’ironico aneddoto sul cinismo dei critici ( all’epoca figure importanti ) che al Lago Tiberiade vedono avvicinarsi Gesù : “Guarda- dice uno all’altro- non sa neanche nuotare !”.
E’ il caso di ricordare che Friedrich Engels sosteneva di aver imparato più cose da Balzac che da tutti gli economisti ? Ho letto almeno tre volte “Illusioni Perdute”, nel corso della vita, ma non ricordavo tanta potenza di denuncia, anche perché nel libro è diluita tra le private vicissitudini di Lucien, la sua relazione pericolosa con Madame de Bargeton (nel film Cécile De France) e la povera attricetta sessualmente sfruttata Coralie.
Lucien è Benjamin Voisin, già valorizzato da Francois Ozon in “Estate ‘85”. Nel cast, oltre a Depardieu, anche un regista di culto, e attore all’occasione, come Xavier Dolan, Jeanne Balibar, l’ottimo Vincent Lacoste. Ma in questo film le vere star sono le parole, il modo lancinante in cui fotografano meccanismi duri a morire. Il problema è che sfrecciano a velocità massima, richiedono interesse e concentrazione.
Spero tanto che a guardare “Illusions Perdues” con strazio e passione, quando uscirà in Italia con I Wonder Pictures, non siano solo topi di biblioteca e operatori-a qualunque titolo- del mondo dell’informazione.