Mito intramontabile, toccante, altamente suggestivo, più volte rivisitato in versione moderna. L’Orfeo negro di Camus, l’Euridice di Anouilh, l’Orfeo di Jean Cocteau, sono solo alcune delle opere ispirate al mito classico e alle sue possibili variazioni e interpretazioni. Indimenticabile la discesa nell’Ade di Orfeo, poeta e cantore per eccellenza, a cui viene eccezionalmente accordato l’accesso nel regno dei morti per riportare in vita la sua amata Euridice, leggiadra ninfa uccisa dal morso di una vipera, mentre scappava, inseguita dal pastore Aristeo che si era invaghito di lei.
Inaccettabile il fallimento dell’impresa per non avere Orfeo resistito alla tentazione di voltarsi a guardare l’amata. Questo era il patto con gli dei. Nell’interpretazione di Ovidio, che lo assolve, un atto emotivo. Nel Novecento si cercano invece altre spiegazioni di quel grave gesto. Il primo a farlo è Rilke, autore di un poema dal titolo significativo, Orfeo. Euridice. Hermes. La terribile conseguenza è infatti la perdita definitiva di Euridice, cacciata per sempre tra le ombre. L’insostenibile disperazione di Orfeo lo dilania, fino allo scempio reale delle sue carni, perpetrato dalle Menadi o Baccanti, inferocite per la sua dedizione alla moglie morta.
Il significato è arduo e variegato:
La poesia come unico accesso al mondo dell’aldilà, diversamente imperscrutabile.
La forza dell’amore che varca le frontiere impossibili tra la vita e la morte.
L’arte (Orfeo) nutrimento dell’anima (Euridice) che si perde nei meandri della bassa materialità, fino a perire.
Sono solo alcune delle direzioni interpretative che ci danno un’idea della profondità di questo ammaliante mito.
In chiave contemporanea, lo spettacolo proposto per il SummerFest dal pregevole cartellone del Teatro della Città, ci parla di Orfeo ed Euridice, comuni mortali, del loro amore tenace, delle loro fragilità, dell’intreccio di eros e thanatos sotteso in ogni rapporto di coppia, della dedizione consapevole della donna fino al sacrificio estremo, come Alcesti. Nella rivisitazione di Claudio Magris Lei dunque capirà su cui ruota la pièce, a dar voce alla tenera e forte Euridice la leggiadria di Viola Graziosi, delicata, intensa creatura, apparsa sulla soglia di un’emblematica porta, affiancata dalla voce fuori campo di Graziano Piazza, che dà l’incipit narrando il mito classico, o citando alcuni testi tratti dall’opera Orfeo ed Euridice di Gluck, o sottolineando alcuni momenti chiave, e che ha curato anche la regia, attenta a mantenere la giusta distanza e proporzione tra i due protagonisti, privilegiando il punto di vista femminile di Euridice. Originariamente arricchito di un cast di voci liriche e musicisti, in omaggio al mitico cantore e a Gluck, asciugato per adattarsi allo spazio illustre, ma ridotto della corte del castello Ursino, il prezioso monologo di Euridice, Musa ispiratrice del poeta, unico suo amore, scivola scorrendo magicamente sul palco e sugli spettatori, soggiogati dalle movenze, dalla voce, dall’emozionante, vibrante racconto della sua storia d’amore e morte, mentre il brano lirico Che farò senza Euridice di Gluck, sciama struggente tra le antiche pietre. Senza retorica, sfogliando la vicenda in una misteriosa Casa, dialogando con un altrettanto misterioso, muto e poco udibile Presidente ex machina, la Graziosi ci conduce sulla soglia di quel misterioso volgersi indietro di Orfeo, giunto al fine della sua impresa, dopo avere affrontato il buio mondo dei morti …per la sua amata? O forse in qualità di poeta e cantore, voleva anche indagare e conoscere finalmente il misterioso aldilà, arcana condizione dell’esistenza?
Dunque perché Orfeo si volta?
Perché è lei che lo chiama. Non vi è nulla da sapere. Euridice ora lo sa. Orfeo questo non potrebbe sopportarlo e allora la sua compagna in un atto estremo di amore lo chiama, rinunciando a salvarsi per salvare lui. In fondo è Orfeo che ha bisogno di essere salvato.
Uno spettacolo elegante, profondo, dove il quotidiano e il sublime si toccano, dove la musica accompagna lo struggimento della muliebre creatura che suscita echi, dubbi, epifaniche rivelazioni.
Esplicitata nel racconto da cui è tratto questo spettacolo, l’attenzione per la condizione della donna da parte di un uomo, anzi dell’uomo, oggi può essere la chiave di volta per un cambiamento nei rapporti fra due esseri destinati ad amarsi e confliggere. E’ il pensiero che sostiene e accompagna la talentuosa esperienza artistica di Graziano Piazza e della sua compagna di vita, l’attrice Viola Graziosi, figlia d’arte, uniti con passione in un progetto di riqualificazione umana attraverso la potente macchina del teatro.
ORFEO ED EURIDICE
Dal mito ai giorni nostri
Tratto da “Lei dunque capirà” di Claudio Magris
e da “Orfeo ed Euridice” di Gluck
Con
Viola Graziosi
Graziano Piazza
Regia di Graziano Piazza
Produzione Gianmarco Piccione
Al Castello Ursino di Catania