La settimana scorsa Sergio Lepri, storico direttore dell’Ansa, ha compiuto 102 anni. Non è escluso che abbia festeggiato l’eccezionale compleanno con due tiri a tennis, sport di cui è stato appassionato giocatore fino a tardissima età.
Una vita strana, la sua, (come pure per Prodi che ha così intitolato la sua autobiografia oggi in libreria). Fiorentino doc, è nato il 24 settembre 1919 quando la Grande Guerra, finita da poco, aveva lasciato l’Italia pur vittoriosa nelle disastrose condizioni economiche che presto avrebbero portato al fascismo. Giovanissimo è entrato nella Resistenza, è stato insegnante di italiano al liceo, ma il giornalismo è stata la sua grande passione. Professionista dal 1946, all’Ansa dal 1959, ne è stato direttore per trent’anni, guidando generazioni di giornalisti giovani e meno giovani con piglio severo, come deve essere stato da “professore”, e così è sempre stato chiamato, oltre che direttore. Fanfaniano di ferro, è stato a capo del servizio stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri, incarico che con Giuseppe Conte premier avrebbe ricoperto Rocco Casalino, miracolato reduce dal televisivo “Grande fratello”. Altri tempi, altri uomini.
Sergio Lepri ha pubblicato decine di libri di politica, storia, giornalismo, informazione (è stato il primo autore italiano a mettere gratuitamente un proprio testo a disposizione del web, rinunciando ai diritti d’autore di un’edizione a stampa). Fra i tanti, un dizionario che raccolse i termini da usare nel linguaggio giornalistico d’agenzia, o meglio le parole che dovevano essere tassativamente evitate per ordine del direttore. Qualcuno dei suoi redattori dell’epoca definì quel calepino il “Novissimo Lepri”, parafrasando il “Novissimo Melzi” che chi ha molte primavere sulle spalle ricorda come un severo dizionario della buona lingua italiana. Non mancavano le curiosità: nelle notizie Ansa era vietatissimo scrivere “camion”, un anglicismo, si doveva dire “autocarro”: oggi l’Ansa usa impunemente sigle quali Tir, Suv, Lgbt e altri mostruosi acronimi che il direttore allora detestava. Nemmeno la parola “droga” era consentito usare ma “sostanze stupefacenti”: “La droga la vende il droghiere – precisava Lepri – la cannella, i chiodi di garofano e gli altri generi coloniali”.
Un giorno un corrispondente regionale di scarsa fantasia telefonò la notizia di un banale incidente stradale: lo scontro fra due camion, trascurando il particolare che un autocarro era carico di gabbie zeppe di galline e l’altro di sacchi di grano. Nell’urto entrambi i mezzi si erano rovesciati e l’intero carico era finito sulla strada. In breve la scena fu la seguente: migliaia di polli che becchettavano sull’asfalto divorando quintali di mangime. Il redattore di turno non resistette alla tentazione di riscrivere quel testo e redasse la notizia con ironia: l’Ansa la trasmise tale e quale, molti quotidiani di provincia la ripresero l’indomani con titoli più o meno brillanti. Ma il direttore non apprezzò: “L’Ansa trasmette notizie, e non fa la spiritosa”, ammonì l’imprudente cronista.
Ma non solo amenità nella lunga direzione Lepri. Negli anni di piombo le vie del centro erano battute non dalla innocua movida di oggi ma dalle micidiali incursioni degli Autonomi, avanguardia delle brigate rosse, e nella redazione di cronaca al pianterreno del palazzo della Dataria, a cento metri da Fontana di Trevi, (dove l’agenzia si era trasferita dalla non meno nobile sede di via di Propaganda Fide a cento metri da piazza di Spagna) erano frequenti a notte fonda le “visite” di giovani bombaroli i cui eskimo puzzavano ancora del fumo dei lacrimogeni di cui erano stati bersaglio da parte della polizia. E il redattore di turno, come chi scrive, si prendeva un bello spavento quando si sentiva chiedere in tono ultimativo di mostrare i dispacci Ansa trasmessi sull’avvenimento che aveva appunto infiammato il sabato sera romano. Il direttore Lepri subito informato non mancò di intervenire presso le autorità di polizia e ben presto l’agenzia fu adeguatamente protetta.
Dopo il sequestro Moro divampò la polemica sui comunicati delle Br recapitati puntualmente alla cronaca dell’Ansa: pubblicarli o no? A parte le considerazioni politiche, il direttore Lepri era contrario “Sono scritti così male” si lasciò sfuggire una sera. Certo, i terroristi non si erano preoccupati di rispettare le direttive del “Novissimo Lepri”, e mal gliene incolse.
La guerra, la Resistenza, la democrazia, la ricostruzione, la nascita dell’Europa unita, la crescita dell’Ansa (l’unico acronimo tollerato dal direttore-professore: Agenzia Nazionale Stampa Associata, nata dalle ceneri dell’Agenzia Stefani di mussoliniana memoria) che con lui era diventata una delle più autorevoli al mondo, per quanto non ufficiale organo di informazione: tutto questo il direttore Lepri ha vissuto con l’entusiasmo di un giovane che non ha mai considerato esaurito il suo dovere di giornalista, per quanto ultracentenario, e che ancora sopravvive a molti dei suoi redattori anziani, corrispondenti, collaboratori, più di una generazione che ha onorato il giornalismo di frontiera. Auguri, Direttore!