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Al processo Mollicone grave attacco della difesa ad una cronista. “Va cacciata dall’aula”

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L’importanza della rilevanza mediatica in un fatto di cronaca può divenire scomoda quando, per quel fatto, si arriva a celebrare un processo. E’ quanto sta accadendo a Cassino, in provincia di Frosinone, dove oramai da mesi si sta svolgendo il processo, in Corte d’Assise, a carico di cinque persone ritenute coinvolte nell’omicidio di Serena Mollicone, la studentessa diciottenne di Arce, assassinata nella caserma dei carabinieri del paese il 1° giugno del 2001. Sul banco degli imputati sono finiti l’ex comandante della caserma di Arce, Franco Mottola, la moglie Anna Maria, il figlio Marco e due carabinieri che all’epoca del fatto svolgevano servizio in paese. Nell’udienza di venerdì 10 settembre l’avvocato Piergiorgio Di Giuseppe, legale di Marco Mottola – l’oggi trentottenne accusato insieme ai genitori di omicidio volontario ed occultamento di cadavere – prima dell’escussione dei testimoni, ha chiesto al Presidente della Corte d’Assise, il dottor Massimo Capurso, di poter prendere la parola per rappresentare alla Corte il danno cagionato al suo cliente da un articolo di cronaca a firma nella giornalista di Frosinone Today, Angela Nicoletti. Nello scritto pubblicato in data 18 luglio, a parere dell’avvocato Di Giuseppe, la cronista avrebbe cercato di influenzare la Corte attraverso un reportage falso e privo di fondamento. Un chiaro messaggio intimidatorio, l’ennesimo in verità, quello messo in atto dalla difesa della famiglia Mottola che, così facendo, punta a screditare l’operato della giornalista Nicoletti, dinanzi alle telecamere di Un Giorno in Pretura e dinanzi ai tanti colleghi anche di testate nazionali che seguono il processo. “Avrebbero potuto chiedere la rettifica, se ritengono l’articolo diffamatorio, come previsto per Legge e soprattutto in virtù del fatto che le udienze vengono registrate e documentate. Invece si è preferito dar vita ad un siparietto, fuori luogo ed irrispettoso anche nei confronti della Corte che, certo, non si lascia influenzare da un articolo di giornale. Questo modo di fare guascone e prepotente diventa inaccettabile quando si cercano di risolvere beghe personali dimenticando che si è parte in causa nel processo della morte orribile di una giovane donna – spiega Angela Nicoletti -. Sono anni che subisco gli attacchi del pool difensivo della famiglia Mottola. Attacchi che scaturiscono anche sul personale, con post su Facebook da parte di uno dei consulenti che, non pago delle tante querele presentate, mi ha definito nei modi più ignobili che una donna o una giornalista possa leggere. Credo di aver sempre svolto il mio lavoro per amore della verità e di essere sempre stata coerente. Non ho mai cambiato idea in questi anni di battaglia per la ricerca della verità. Non ho mai strumentalizzato il dolore di questa famiglia che merita rispetto anche e soprattutto per la grande dignità e compostezza con cui stanno affrontando il processo. Non è facile dover rivedere immagini del ritrovamento del cadavere o dello svolgimento dell’autopsia. Il ruolo di un giornalista è quello di dar voce a chi voce non ha. Se la mia colpa è quella di aver dato voce ad un Uomo che ha solo cercato di rendere Giustizia alla propria figlia, morta in luogo dove avrebbe dovuto essere protetta e non dove invece è stata lasciata morire soffocata, dopo ore di agonia, senza che nessuno le prestasse soccorso, allora si sono colpevole”.

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