Il tribunale di Roma ha poche ore fa riconosciuto la matrice mafiosa della cosca criminale facente capo alla famiglia Casamonica. Con questa sentenza per la terza volta la magistratura riconosce il delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso per un’organizzazione originaria della Capitale. Prima dei Casamonica, è stata riconosciuta per alcuni membri della famiglia Spada, in secondo grado, e, in via definitiva, per la famiglia Fasciani. Il tribunale – pur non avendo ancora letto le motivazioni – presumo abbia riconosciuto ancora una volta (lo aveva fatto con i clan Spada e Fasciani) come nel contenuto previsto dall’art. 416 bis c.p. non rientrino soltanto le grandi associazioni mafiose con un elevato numero di elementi, e dotate di mezzi finanziari imponenti, ma anche le c.d. piccole mafie (che io definisco “grezze”) con un basso numero di affiliati. Appare lampante all’occhio del non profano come ai fini dell’integrazione del delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso bastino almeno tre persone, non necessariamente armate, e non sarebbe richiesto un assoggettamento di grandi porzioni di territorio, potendosi considerare integrata la fattispecie anche in presenza di un assoggettamento avente a oggetto piccole porzioni territoriali o un determinato settore di attività. Questo deve però discendere dall’avvalersi del metodo dell’intimidazione e, a parer mio, anche dell’uso di strumenti corruttivi.
Il clan Casamonica esprimeva senza dubbio persistenza criminale nel territorio e un potere intimidatorio in grado di creare assoggettamento, bastando la semplice volontà di avvalersi del metodo mafioso classico. La forza intimidatoria dei Casamonica era, ed è ancora, realistica e oggettivamente riscontrabile. Non è un caso che i delitti contestati siano tutti reati spia: estorsione, usura e detenzione illegale di armi. Sono stati inflitti circa quattrocento anni di reclusione. Da quanto ho potuto leggere, l’orientamento giurisprudenziale attuale – dal quale non credo si allontaneranno le emanande motivazioni – centra quello che da sempre ho ritenuto essere un elemento degno di attenta valutazione: il profilo storico. L’estrinsecazione delle condotte criminali delle nuove mafie non sempre sono munite di un profilo storico consolidato, come le mafie tradizionali (‘ndrangheta, camorra, mafia siciliana). Per questo non è per nulla scorretto analizzare questi nuovi clan romani (Fasciani, Spada, Di Silvio, Casamonica) nel loro concreto atteggiarsi di là del profilo e del contesto storico.
Oggi abbiamo due generi di mafie. Quelle “evolute” e quelle “meno evolute”. Entrambe per simili caratteristiche, possono essere raggruppate nel più o meno ampio genere previsto nel 416 bis, ma le stesse presentano anche caratteristiche diverse, pur se appartenenti al medesimo genere, riguardanti la struttura del reato e le modalità di esplicazione del metodo mafioso. La forza intimidatoria, in base ad una analisi pratica, non trova quindi nella sola violenza e minaccia la sua forma espressiva e costitutiva, potendosi anche formare ed esprimere per effetto dei più variegati comportamenti anche di natura corruttiva. Nel procedimento penale contro i Casamonica, il passaggio dall’associazione per delinquere a quella di stampo mafioso si manifesta mediante un processo che non coinvolge una sola figura, ma coinvolge tutta l’associazione criminale in virtù di un consolidamento del clan e dell’espansione delle mire illegali, che ha comportato il passaggio da una percezione del sodalizio come associazione e non solo riferita alla figura del capoclan. La pervasività criminale del gruppo si evidenzia, sia dalla mancanza di denunce da parte di semplici cittadini loro vittime, sia dalle contiguità con professionisti, politici e pubblici funzionari. Non si possono dimenticare a titolo rappresentativo gli episodi concernenti il pestaggio ai danni del titolare del Roxy Bar in zona Romanina e di una donna ai quali gli autori del fatto avrebbero detto: “Qui noi siamo i padroni, è tutto nostro”. Con questa sentenza – seppur ancora di primo grado – il Tribunale di Roma identifica in pieno la matrice mafiosa del clan Casamonica e fa luce su una sequenza di episodi delittuosi sino a oggi rimasti sempre impuniti soprattutto per il regime di terrore e di omertà vigente nel quadrante sud-est di Roma.
Vincenzo Musacchio, giurista, criminologo e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.