Sentir parlare di una aggressione omofoba nel a Leverano (Le), comunità di emigranti e immigrati, di esodo e di approdo, dell’inclusione come quotidianità e respiro dell animo, mi sconcerta.
Un pensiero e la massima solidarietà a nome mio e dell’associazione Articolo Ventuno che sono scontati, per il mio coetaneo, vittima dell’aggressione verbale e fisica, e per tutti i leveranesi, gente cui mi lega un antico e profondo amore costruito sul selciato di valori sacri, forti, intoccabili. Quella stessa gente che l’altra sera non ha esitato un solo istante a correre in soccorso del ragazzo aggredito ribadendo di essere in un paese civile.
Non sarà l’azione di due soggetti poveri dentro e di sguardo buio a scalfire la ricchezza di Antonio e dell’intera comunità.
Fin qui la premessa. Di seguito la nuda cronaca.
Antonio, 42 anni, titolare gli un locale frequentato da avventori della comunità lgbt è stato aggredito nella notte tra martedì e mercoledì nel suo locale, Barattolo Sud.
Tre uomini, alticci, entrati nel suo locale, lo hanno prima aggredito verbalmente e poi lo hanno malmenato dopo la sua reazione.
“Siamo fascisti”, gli han detto. E giù botte. Il personale della pizzeria vicina, la pizzeria Da Franco, è intervenuto a difesa della vittima. Non era la prima volta che il gruppetto entrava per insultare, ma la vittima aveva sempre lasciato correre.
Ieri mattina la denuncia della vittima alla Digos, e poche ore dopo l’identificazione dei tre responsabili.
Due degli aggressori sono di Leverano, si tratta di un imprenditore di 65 anni e di un pensionato di 71 anni, il terzo invece è salentino e residente nel nord Italia, agente della penitenziaria di 50 anni. A loro gli agenti della Digos sono arrivati rapidamente grazie alla denuncia ma anche alle numerose testimonianze e alla forte collaborazione dell’intera cittadinanza leveranese che ha preso le distanze dall’episodio in maniera unanime e coesa.
Come il sindaco Marcello Rolli che a nome dell’intera cittadinanza “manifesto la totale solidarietà al titolare del locale – ha detto – ricordando che il nostro impegno per costruire una comunità aperta e inclusiva non sarà sporcato da persone vili”.
L’epilogo.
Le forze dell’ordine hanno di fatto risolto un caso. Amaro. Anzi diciamolo,vergognoso.Restano domande, una sorta di odore acre come quello che resta quando bruciano gli ulivi.
Perché fare tremare certezze granitiche come il rispetto reciproco e l’accoglienza mettendole in discussione con le mani, è un po’ come bruciare un albero d’ulivo secolare.
Ora, voglio continuare a sperare che chi ha alzato le mani contro un ragazzo della mia età, avendo gli anni di un padre, oltre alle denunce, oltre il caos mediatico, oltre il livore e il risentimento, possa imparare qualcosa da questa brutta storia.
Non giudico, Non potrei mai, Non spetta a me, non sono nessuno non è il mio ruolo. Ma mi interrogo.
Spesso sono i nostri genitori a chiedersi dove hanno sbagliato con noi, stavolta purtroppo è il contrario.
Grazie alla comunità di Leverano coesa nel manifestare stupore, sdegno, condanna. E soprattutto onesta e con la schiena dritta nel collaborare con le forze dell’ordine, per Antonio. E per ognuno di noi.