Flash mob in campo San Geremia a Venezia il 26 agosto, alle 12, con cui le donne veneziane aderiscono alla mobilitazione #SAVEAFGHANWOMEN, SALVIAMO LE DONNE AFGHANE lanciata da RadioBullets e Noveonlus, realtà da sempre attive e attente a quanto accade in Afghanistan e in particolare alla condizione femminile con iniziative concrete di sostegno, assistenza, formazione, aiuto.
Ad organizzarlo Venezia Manifesta, Sindacato giornalisti Veneto, Associazione stampa veneziana con l’adesione di Articolo 21 Veneto, Unaga (Unione nazionale associazioni giornalisti agricoli), Coordinamento Donne SPI Metropolitano, Il granello di senape, nella consapevolezza che informare, raccontare, solidarizzare mai come in questo momento sia vitale.
Parteciperanno Barbara Schiavulli, giornalista “di casa” in Afghanistan che ha tentato di partire e sta tentando di partire per Kabul per essere testimone diretta di quanto sta accadendo e direttrice di Radio Bullets, Hamed Hamadi, ristoratore di Venezia, che si è battuto per far rientrare in Italia la sorella Zahra attivista bloccata in Aghanistan dopo la presa dei Talebani, il presidente della Federazione nazionale della stampa, Fnsi, Giuseppe Giulietti, l’attrice Ottavia Piccolo.
Appello al Presidente Draghi, alla Regione Veneto, al Comune di Venezia
La libertà delle donne afghane è la nostra libertà
Ciò che sta accadendo in Afganistan rende manifesta una grande verità: la libertà delle donne è la misura della civiltà di una società, delle relazioni tra i sessi e le persone, del rispetto delle differenze, ed è indice della qualità della vita di un paese, della possibilità di benessere e di futuro migliore per tutti. E la libertà delle donne, ovunque esse siano, ci riguarda da vicino perché è la sfida che noi donne da tempo stiamo conducendo, trasformando con l’unica rivoluzione non violenta della Storia le fondamenta delle strutture societarie in ogni luogo del mondo.
Le donne in Afganistan si sono impegnate nel lavoro di ricostruzione quotidiano e straordinario di una società disastrata dai conflitti e da anni di oppressione, hanno potuto accedere all’istruzione, al lavoro e anche a ruoli di prestigio nella comunicazione, nella giustizia, nella sanità, nei progetti di cooperazione e nelle organizzazioni internazionali.
La loro libertà ora non è solo cancellata ma è in pericolo la loro stessa vita. Siamo pertanto a fianco delle donne afgane, portatrici di quella misura di civiltà che è un bene prezioso per tutti, e agendo sul nostro diritto di cittadine di far sentire la nostra voce nelle istituzioni che ci rappresentano ci appelliamo perché ogni sforzo si metta in campo al fine di attivare tutti gli strumenti istituzionali, politici, diplomatici per organizzare un piano di corridoi umanitari e di accoglienza che limiti la crisi umanitaria in atto per donne e bambine già oggetto di predazione e in particolare siano portati in salvo le attiviste e tutti i collaboratori a vario titolo con il governo passato.
Ne facciamo esplicita richiesta al Presidente Draghi, che si è dimostrato sensibile e attento, affinché sia il garante di questo impegno investendone la Comunità internazionale, e soprattutto l’Europa, e avvii, oltre i piani di salvezza della vita delle persone, la possibilità concreta di realizzare percorsi di integrazione per i collaboratori afghani e per le loro famiglie. Al contempo sarà necessario sostenere i territori italiani, attivando strumenti di accoglienza condivisi con i Sindaci, anche attraverso la collaborazione dimostrata di molti Comuni e dell’Anci.
Infine un pressante invito va alla Regione Veneto e all’Amministrazione Comunale perché si impegnino a tenere alta l’attenzione su quanto sta succedendo in Afghanistan, sostenendo le iniziative di solidarietà, accoglienza e concreta vicinanza al popolo afghano a tutti i livelli.
Invitiamo tutte e tutti a fare rete per sostenere questo appello rispondendo con mobilitazioni e azioni mirate perché la battaglia delle donne afgane è una battaglia di civiltà per tutti: dove le ragazze, le donne, le bambine di qualsiasi parte del mondo sono esposte a sopraffazione, umiliazione e violenza e all’arretramento dei loro diritti, come sta succedendo in Afganistan, si produce infatti una profonda ferita nel cuore della convivenza tra persone: una ferita che chiede alla Comunità Internazionale di operare ogni sforzo per sanarla.
Noi sentiamo questa ferita e siamo solidali con le donne afgane: la loro storia ci appartiene e lasciarle sole è come perdere anche noi stesse.
Venezia Manifesta e tutte le associazioni che hanno organizzato e aderito al flash mob
Nelle foto una manifestazione per il popolo afgano a Berlino (Foto: John MacDougall/Afp via @IFJGlobal)