Salviamo Latifa Sharifi, avvocata per i diritti delle donne rimasta in Afghanistan. Latifa Sharifi è l’avvocata di Hawca, storica associazione femminile afghana. Ha aiutato dozzine di donne afghane in fuga dalla violenza domestica. La sorella Atefa, che vive in America, ha condiviso una sua lettera «La speranza non muore mai, ma quando le persone muoiono, muore con loro».
Le telefonate intimidatorie («Smettila di corrompere le donne musulmane») e le sassate contro le finestre di casa l’hanno costretta negli anni a ridurre l’orario d’ufficio, a lavorare clandestinamente, a cambiare casa, ad un certo punto anche a rinunciare alla tessera da avvocato.
Nel 2017 le arrivò una lettera macchiata di sangue: «La prossima sarà scritta col sangue di tuo figlio».
Domenica scorsa Latifa è stata respinta dall’aeroporto, dove si era recata insieme a suo marito e ai figli.
Questo è il suo appello:
«Sanno chi sono. Sono un’avvocata che ha lottato contro i talebani dal 2009.
Non mi preoccupo più solo per la mia vita, ma per i miei tre figli che meritano di vivere un’esistenza che non sia fatta solo di armi, cadaveri, sangue, abusi dei talebani su donne e bambini.
Ho svolto il mio lavoro ogni giorno, sperando di fare la differenza nelle vite delle donne e dei bambini. Sfortunatamente oggi fuggo per cercare di salvare me stessa. Non ho un luogo dove andare. Non so se le mie parole vi raggiungeranno. Ma in tal caso, vi prego di aiutarmi».
L’Osservatorio degli avvocati in pericolo ( OIAD) si è attivato per salvare per la Collega afghana, chiedendo che venga immediatamente concesso all’avvocata Latifa Sharifi la possibilità di lasciare l’Afghanistan, unitamente alla sua famiglia, e di richiedere asilo politico.
A tal fine ha rivolto un pressante appello all’Alto commissario per la politica estera della Unione europea, al Presidente del Parlamento europeo ed ai ministri degli Esteri dei Governi francese, italiano, spagnolo e svizzero, in quanto Governi dei paesi di cui fanno parte gli ordini nazionali forensi fondatori dell’Osservatorio e component del direttivo.
Questo è il momento di agire, di tentare comunque di fare qualcosa di concreto per aiutare in primis coloro che rischiano la vita restando in Afghanistan e, poi, per tentare di non abbandonare le popolazioni civili inermi.
Il Consiglio nazionale forense ha chiesto formalmente che, in occasione del G20 sull’empowerment femminile, che si terrà a Santa Margherita Ligure il prossimo 26 agosto, le autorità presenti si impegnino nella creazione di corridoi umanitari internazionali per consentire alle donne afghane che ne fanno richiesta di lasciare il paese e intraprenderà strategie di condivisione di iniziative umanitarie con le associazioni che operano e sono impegnate per la salvaguardia dei diritti delle categorie a rischio e non hanno abbandonato il Paese, tra le quali Emergency e la Croce rossa, nonché con l’UNHCR e l’Osservatorio internazionale migrazioni ( OIM), con i quali ha sottoscritto protocolli di intesa. Il massimo sforzo sarà compiuto, in sinergia con il CCBE e l’OIAD per assicurare un sostegno alle avvocate ed avvocati afghani che chiedono di lasciare l’Afghanistan, al quale dovrà esser consentito di abbandonare il Paese e di fare richiesta di asilo.
(Nella foto l’avvocata Latifa Sharifi)
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