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L’indomita battaglia di Federico Orlando per la libertà di informazione

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Sono passati sette anni da quando Federico Orlando ci ha lasciato.
La sua eredità, tuttavia, continua a ispirare le azioni dell’associazione che lo ha visto primo presidente di Articolo 21.
Lui, liberale, volle che questo luogo diventasse una casa delle diversità, dove l’unico collante fosse rappresentato dalla Costituzione antifascista e antirazzista.
Nell’articolo che il direttore Stefano Corradino ha voluto oggi riproporre c’è tutta la passione civile di Federico, la preoccupazione che la Costituzione potesse essere sfigurata da mani inadeguate e impreparate, si era allora nel pieno della stagione berlusconiana.
Non casualmente ricorda la capacità dei padri e delle madri costituenti di riuscire a trovare una sintesi al termine di scontri e dibattiti davvero infuocati.
Questo miracolo era possibile grazie alla comune condivisione di valori e di principi, alla partecipazione alla liberazione dal nazifascismo, alla capacità di anteporre il bene comune a qualsiasi forma di protagonismo deteriore.
Il bene comune, nel pieno rispetto dei diritti di ogni persona, era la stella polare di Federico.
Da qui la continua, indomita battaglia per la libertà di informazione che, a suo giudizio, era davvero l’architrave dell’ordinamento democratico.
Per questo si ribellò, pagandone un duro prezzo, alle liste di proscrizione, al conflitto di interesse esibito e rivendicato, ad ogni forma di minaccia contro le croniste e i cronisti che tentavano di realizzare inchieste capaci di illuminare i territori occupati dalle mafie, dal malaffare, dalla corruzione.
Era davvero un maestro che ascoltava con pazienza, correggeva, suggeriva, sempre con ironia, mai con arroganza.
A chi gli chiedeva “come fa un liberale come te, cresciuto con Indro Montanelli, a scendere in piazza, a stare con donne e uomini così diversi da te, non rischi di tradire la tua storia” , lui rispondeva “Al contrario, quello che non sopporto è vedere usare i valori liberali per coprire i conflitti di interesse, per sdoganare i fascisti, per riabilitare il ventennio, questo mi indigna più di ogni altra cosa..”
Questo era Federico, lo era con tutte e con tutti; non risparmiava critiche e sfuriate anche alla sua associazione ,ai suoi amici, alla sua parte politica, perché non sopportava sciatteria, superficialità, incapacità di andare oltre le apparenze.
Forse, in questi tempi, ci avrebbe spinto ad analizzare meglio le forme del disagio, ma anche a contrastare ogni virus, senza nulla concedere al populismo e al sovranismo, forme della politica così distanti da Federico Orlando, uomo sobrio, rigoroso, che, nella sua vita, ha saputo usare le parole per realizzare i ponti dell’incontro tra differenze e diversità, di ogni genere e natura.
Un abbraccio alla moglie Nella, che ci segue con passione immutata, e ai suoi familiari che, in modi diversi, hanno raccolto la sue eredità.


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