Sono bastati dieci minuti per cambiare il corso di un’Olimpiade comunque positiva per i colori azzurri. Dieci minuti nei quali due assi dell’atletica, il saltatore in alto Gianmarco “Gimbo” Tamberi e il centometrista Marcell Jacobs, ci hanno regalato due ori in cui quasi nessuno, alla vigilia, avrebbe sperato, rendendo un medagliere già bello ricco e ben assortito semplicemente eccezionale. E così, mentre nuoto e scherma, nostri naturali serbatoi di medaglie, per una volta deludono, l’atletica torna alla ribalta attraverso un’impresa che resterà nella storia dello sport italiano, avendoci regalato un altro momento d’estasi dopo la gioia straordinaria che ci avevano donato i ragazzi di Mancini a Wembley.
Un’estate incredibile per lo sport italiano: dagli Azzurri del calcio a Matteo Berrettini, passando per i successi olimpici e per questa domenica bestiale, probabilmente preludio di altre soddisfazioni e comunque toccasana per un Paese straziato da un anno e mezzo di sofferenze indicibili.
Ricorderemo certamente dove eravamo in questa caldissima domenica d’agosto, in molti casi chiusi in casa nel tentativo di difenderci dall’afa ma con il televisore fisso su Raidue per seguire le imprese dei nostri campioni.
Tamberi è un monumento alla tenacia, dopo essere stato costretto a rinunciare alle Olimpiadi di Rio 2016 per aver voluto strafare a pochi giorni dall’inizio della kermesse, infortunandosi alla caviglia per un salto di troppo e vedendo andare in fumo anni di sacrifici. Eppure ha lottato, sperato, creduto in se stesso, ha dato il massimo e, cinque anni dopo, è arrivato all’apice, anche perché stavolta si è saputo accontentare, rinunciando allo spareggio con Barshim e accontentandosi, si fa per dire, di un oro in coabitazione con il campione del Bahrein. Una prova di maturità e saggezza che rendono bene l’idea di un fuoriclasse, ma soprattutto di un uomo, finalmente pronto ad affrontare non solo le sfide dell’atletica ma, soprattutto, quelle della vita.
E poi Jacobs, figlio di un americano e di un’italiana, nato in Texas, con alcune difficoltà alle spalle e una grinta in corpo che ha deciso di sfogare in pista senza mai risparmiarsi. L’ennesima dimostrazione, se ancora ce ne fosse bisogno, che gli italiani di seconda generazione non sono solo utili: sono indispensabili, come abbiamo capito, si spera, anche vedendo il sorriso di Daisy Osakue, discobola di origini nigeriane che tre anni fa venne colpita a Moncalieri da un nuovo nell’occhio, scambiata per una prostituta da dei razzisti da due soldi, mentre oggi sta tenendo alta la bandiera italiana nel contesto più importante al mondo.
Vince, dunque, un’Italia a colori, l’Italia che fa squadra, si unisce, accoglie, integra e si prende per mano. Perdono il razzismo, l’intolleranza, la violenza e la barbarie, ed è questo il nostro vero trionfo, la vittoria più importante e significativa, speriamo destinata a rimanere nel tempo.
Infine, ed è bene darne conto, un pensiero non può che andare a Krystsina Tsimanouskaya, corridrice bielorussa, rea di aver criticato il regime di Lukašenka e per questo richiamata in patria, salvo poi essere fortunatamente difesa e tutelata dal CIO. Nel momento di massima gioia, non possiamo dimenticarci di un Paese, neanche troppo lontano dal nostro, in cui non esiste più il concetto stesso di democrazia. A Krystsina, mentre festeggiamo i nostri fenomeni, rivolgiamo un fortissimo abbraccio, con l’auspicio che l’incubo di quell’usurpatore possa concludersi quanto prima.
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