All’1.47 della notte tra il 3 e il 4 agosto 1974 dopo la #galleria degli Appennini in arrivo alla stazione di San Benedetto Val di Sambro (BO), esplose una ordigno ad alto potenziale sul treno #Espresso 1486 Italicus, diretto a Monaco di Baviera.
Morirono 12 persone.
Il macchinista fece scivolare il treno fuori dal lunghissimo tunnel, oltre 18 chilometri, e Silver Sirotti, 25enne impiegato delle Ferrovie dello Stato, morì tornando indietro tra le fiamme con un estintore per tentare di portar fuori le vittime.
Sul quel treno avrebbe dovuto esserci anche l’on. Aldo Moro, richiamato a firmare alcuni importanti documenti quando era già a bordo.
L’attentato fu rivendicato con un volantino:
“Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare […] seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti”.
Il 1 agosto 1980, furono rinviati a giudizio quali esecutori materiali della strage di Mario Tuti (impiegato comunale di Empoli, accusato di aver fornito l’esplosivo), Luciano Franci (carrellista in servizio nella notte tra il 3 e 4 agosto 1974 presso la stazione di Santa Maria Novella di Firenze per aver fatto da palo) e Piero Malentacchi (che avrebbe costruito e piazzato la bomba), tutti appartenenti al FronteNazionaleRivoluzionario.
Poi ancora Margherita Luddi (compagna del Franci) per detenzione di armi, Emanuele Bartoli, Maurizio Barbieri e Rodolfo Poli per ricostituzione del partito fascista e Francesco Sgrò per calunnia.
Il 20 luglio 1983 il Presidente della Corte d’Assise di Bologna, Mario Negri, assolse gli imputati per insufficienza di prove.
Il 18 dicembre 1986 il presidente della Corte d’Assise d’Appello di Bologna, Pellegrino Iannaccone, ribaltò in parte la #sentenza annullando due assoluzioni del primo processo: Mario Tuti e Luciano Franci furono condannati all’ergastolo quali esecutori della strage.
Il 16 dicembre del 1987 Corrado Carnevale annullò ancora la sentenza e nel 1992, la Corte di Cassazione mise definitivamente la parola fine ai processi ed ai depistaggi, oramai non più necessari.
Per la giustizia italiana gli esecutori ed i mandanti della strage dell’Italicus non hanno avuto mai un nome.
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