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ISIS, ISKP, Talebani e Pakistan. Tutto quello che c’è da sapere (o quasi)

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Una breve analisi sullo stato islamico in Afghanistan e i motivi dell’attacco di Kabul del 26 agosto 2021

La comparsa dell’ISIS in Afghanistan risale alla fine del 2014, nella provincia di Nangharar, strategica nel suo essere confinante con Pakistan e sede di un fondamentale asse di collegamento verso Kabul. All’inizio nessuno prende sul serio il fenomeno, nè gli americani nè le truppe governative. I talebani li considerano subito come nemici, è la loro bandiera bianca contro quella nera. Arrivano nel distretto di Achin e lo conquistano, la popolazione locale – il distretto l’ho visitato una volta “ripulito” – racconta di violenze durissime da parte del braccio locale dell’Isis, una ferocia contro la popolazione difficilmente vista persino in Afghanistan, che riproporranno nei loro attentati contro obiettivi civili.

Dal capitolo “Il Califfato del Korasan” del mio Corrispondenze Afghane

Il loro è un governo brutale tanto che i talebani si ergono a difensori della popolazione e cominciano a combatterli mentre l’ISIS, recluta comandati tra le fila del nemico offrendo stipendi ben più alti e comincia, lentamente, a diffondersi nel resto dell’Afghanistan.
Quando gli americani e i governativi cominciano a cercare di fermarli è tardi, tanto che i talebani denunciano la complicità tra Usa e Isis visto che gli Usa – dicono – continua a bombardare noi quando combattiamolo contro di loro. Alla fine saranno le red unit, le forze speciali talebane, a liberare Achin, scacciando l’ISIS sulle montagne, spalle al Pakistan.
L’Isis afghano, a lungo, non ha alcun rapporto con il califfato, con il nucleo originario, è un franchising autoproclamato che assume il nome di ISIL-K o ISKP cioè lo stato islamico della provincia del Khorasam, antico nome di quella parte di Persia. La definizione ISIS-K oltre a essere un po’ ridicola, non significa davvero nulla.
Ma da dove nasce questo gruppo combattente? La coincidenza temporale è quella con le operazioni di pulizia delle truppe di Islamabad nelle aree tribali pakistane contro TTP i talebani pakistani che si sarebbero rifugiati oltre confine. E’ comunque probabile che l’ISI cioè i servizi pakistani abbia leve nell’ISKP al fine di avere A) ulteriore elemento di disturbo in un Paese confinante che vogliono debole e instabile B) un “rompere in caso di necessità” se i talebani dovessero aprirsi – come stanno facendo ad altre influenze esterne (Russia, Cina, Qatar, Iran…). Secondo l’India – divisa da antico conflitto con Pakistan – l’ISIK è semplicemente il clan Haqqani sotto mentite spoglie, guidato dall’ISI (il clan Haqqani è un gruppo terrorista e criminale alleato dei talebani e uno dei suoi leader è diventato responsabile della sicurezza di Kabul, quindi l’analisi pare davvero improbabile).

Una volta sconfitti militarmente (nel 2018), l’ISIS o meglio l’ISKP sfrutta tutta la leva della guerra asimmetrica: non potendosi misurare sul campo ormai ridimensionato per truppe e presenza territoriale, passa agli attacchi contro i “soft-target” cioè obiettivi civili a bassa sicurezza, dove con poco sforzo (un kamikaze costa all’incirca 2500 dollari) fare tante vittime spargendo terrore e conquistando la ribalta mediatica.

E’ esattamente quello che è successo ieri all’aeroporto di Kabul. La domanda è: con quale obiettivi? Sicuramente tornare a far parlare di sè e dimostrare che i talebani (la cui immagine è quella dei “portatori d’ordine” dopo il caos degli anni della cosiddetta democrazia) non sono in grado di garantire la sicurezza agli afghani (tra l’altro i talebani hanno perso 28 uomini ieri, ufficialmente zero). Inoltre l’ISKP si prepara alla fase due. I talebani – l’ho detto e lo ripeto – hanno vinto la guerra ma potrebbero perdere la pace. Esattamente come hanno la necessità di riportare il contante nelle banche e versare gli stipendi dell’apparato statale, se non riescono a continuare a pagare i loro comandati e quindi i soldati perderanno pezzi e quindi forza militare dando carburante ad un nuovo conflitto.
Tra l’altro ricordiamo una cosa ovvero che Russia, Cina, Iran chiedono ai talebani proprio di fermare l’ISIS e di evitare che il Paese (dove già fanno base i movimenti estremistici dell’Uzbekistan e del Tagikistan) torni ad essere base per gruppi terroristici (nel caso della Cina una possibile resistenza uigura). E’ lo stesso impegno che nello scellerato accordo di Doha i talebani hanno preso con gli Stati Uniti. Impegno che oggi hanno ribadito ad Al Jazeera.


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