Sul finire del 2020 inoltrai al Presidente del Parlamento Europeo un articolo dal titolo: “Licenza di vivere”, parafrasando 007, nell’articolo si proponeva una incentivazione al “vaccino” che, forse, ha portato alla “green pass” europea. Come tutte le buone intenzioni, l’idea (fatta propria da Sassoli nel gennaio 2021) ha lastricato la via del proibizionismo, criterio che caratterizza le incapacità progettuali dei politici mondiali. Ciò anche (ad es.) per l’emergenza ambientale. La certificazione vaccinale si è trasformata in spauracchio, aveva senso per incentivare, ora riesce a discriminare.
Come al solito, invece di dare soluzioni, si impongono divieti. Per esempio nelle scuole, invece di realizzare le aerazioni per il ricambio d’aria, imposte dalla normativa, si imporrà ai docenti la vaccinazione, ciò anche agli studenti universitari, prima del tutto esclusi, perchè i vaccini possono avere effetti deleteri su i giovanissimi. Con le sole somme previste per i tamponi si poteva dare aerazione a centinaia di migliaia di aule, mettendo in sicurezza milioni di studenti.
Analogo assurdo discorso per bar e ristoranti, i cui gestori dovranno pure controllare il documento. Inspiegabile l’obbligo per i teatri all’aperto, come l’esenzione per le chiese chiuse e centri commerciali. Molto utile invece l’obbligo della green pass per i viaggi a lunga percorrenza, per limitare geograficamente i contagi, e per le attività di grande assembramento, come discoteche, stadi e grandi eventi in genere.
Nel frattempo si parla apertamente di “terza dose”, per una inoculazione che non è un vero vaccino, ma uno stimolo indotto ai nostri anticorpi, stimolo di cui ancora non si conoscono tutti gli effetti.