E il Fondo monetario finanzia il regime bielorusso, che continua ad arrestare e torturare i dissidenti

0 1

Repressioni e processi in Bielorussia sono ormai diventati una cupa e crudele realtà quotidiana. Le notizie delle condanne per fatti apparentemente ridicoli arrivano regolari e puntuali, come una goccia cinese. Alcuni esempi: ripristino di un murales sul locale dei quadri elettrici vale due anni di lavori forzati, l’appello a scrivere lettere ai prigionieri politici può costare 25 giorni di arresto, la resistenza a pubblico ufficiale esistita soltanto sulla carta del verbale vale 15 giorni di reclusione. Il professore delle superiori Andrey Piatrouski è stato condannato a un anno e mezzo di reclusione per aver fatto visionare agli alunni un video della testata indipendente “Nexta”, inibita dalla censura perché “estremista”. Il video spiegava le modifiche apportate da Lukashenko alla Costituzione nel corso degli anni, ma secondo le autorità conteneva un’informazione “dannosa per l’immagine del presidente”. I musicisti del gruppo folk Irdorath che suonavano cornamusa durante le pittoresche marce pacifiche di un anno fa sono stati brutalmente arrestati durante una festa di compleanno malgrado non opponessero alcuna resistenza. Ora si trovano in carcere con l’accusa di coordinamento delle proteste e rischiano fino a 4 anni di reclusione. Decine di bielorussi già noti alle forze dell’ordine per aver partecipato alle proteste pacifiche vengono arrestati quotidianamente e condannati alle pene che vanno da dieci a venticinque giorni di reclusione per i motivi pretestuosi. Ma ci si abitua a tutto: queste notizie purtroppo non suscitano più scalpore.

Allo stesso tempo il regime ricomincia il vecchio gioco di trattativa sulla pelle dei prigionieri politici. Nei giorni scorsi sono stati liberati i membri dell’associazione giornalistica indipendente Press Club Belarus in seguito alla grazia misericordiosamente ed ipocritamente concessa dall’usurpatore Lukashenko. Non l’ha fatta di sua spontanea volontà: dopo otto mesi di incarcerazione nelle condizioni riconosciute come torture dalle organizzazioni per i diritti umani, gli imputati avevano scritto un’umiliante richiesta di grazia.

D’altro canto, pochi giorni fa il raid contro l’unica agenzia di stampa BelaPAN ha fatto tornare l’ago della bilancia nella sua solita posizione e siamo di nuovo punto a capo: la caporedattrice Iryna Leushyna è in carcere senza materasso né lenzuola, del pacco dai famigliari le sono stati consegnati soltanto prodotti per l’igiene e una mezza bottiglia di acqua. Insieme a lei sono stati arrestati l’ex direttore Dzmitry Navazhylau e la contabile Katsiaryna Boeva. Ad oggi i prigionieri politici in Bielorussia sono 645, mentre i giornalisti dietro le sbarre sono 27.

Il terrore di stato bielorusso è mirato a mantenere alta la paura; purtroppo l’impresa sta riuscendo. Il regime non può abbassare il grado di violenza perché è l’unico mezzo per contenere il dissenso e l’ostilità del popolo nei confronti dello stato dittatoriale.

In queste condizioni la decisione del Fondo monetario internazionale di allocare 900mila dollari al governo bielorusso ci lascia perplessi e sbalorditi.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21