Bielorussia: il regime Lukashenko uccide l’ennesimo dissidente. Dov’è l’Unione Europea?

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È trascorso circa un anno da quel 9 agosto 2020, giorno in cui il dittatore Aleksandr Lukashenko  è stato riconfermato al suo sesto mandato, come Presidente della Bielorussia. Una vittoria fittizia ottenuta con l’80 percento dei voti, secondo i ‘dati ufficiali’, ma che non hanno trovato alcun riscontro nei risultati degli osservatori indipendenti.

Da quella data la popolazione ha iniziato a manifestare sostenendo che ci siano stati brogli elettorali e da un anno uomini e donne della Bielorussia sono scesi nelle strade della maggiori città del paese per potestare pacificamente contro queste ‘elezioni farsa’, dando per vincitrice la leader dell’opposizione bielorussa Svetlana Tikhanovskaya.

Da agosto scorso ad oggi in Bielorussia le proteste sono state sedate con la repressione e secondo i dati raccolti da diverse organizzazioni per i diritti umani, dall’inizio delle manifestazioni, sono state arrestate più di 30mila persone, otto sono morte e centinaia di prigionieri politici sono ancora nelle carceri.

Ma quella che arriva dall’Ukraina è una storia ancora più agghiacciante

L’attivista bielorusso Vital Shyshiu, che era scomparso lunedì 2 agosto a Kiev è stato trovato morto suicida. Il suo corpo è stato rinvenuto in un parco dove era andato a correre nei pressi della sua casa a Kiev, ma nessuno crede all’ipotesi del suicidio e gli inquirenti hanno avviato un’indagine per omicidio premeditato, precisando che verranno prese in esame tutte le opzioni possibili anche di un  ‘omicidio mascherato da suicidio.

Shyshiu era un attivista dissidente, a capo della Ong Belarusian House in Ukraine (BDU), che aiuta i bielorussi a fuggire dalle persecuzioni del regime di Lukashenko. «Si tratta senza dubbio di un’operazione speciale per eliminare una minaccia al regime: Vital era tenuto sotto stretta sorveglianza e noi stessi avevamo denunciato questa situazione alla polizia», si legge in un comunicato della Bdu, in cui viene sottolineato come Shyshiu avesse sempre reagito alla possibilità di un rapimento «in maniera stoica, con spensieratezza e umorismo».

Il capo della Polizia ucraina Igor Klimenko ha dunque aperto un’indagine in base all’articolo 115 del codice penale ucraino (omicidio volontario) ed ha dichiarato, durante un briefing, che sul corpo dell’attivista sarebbero state riscontrate alcune ferite e abrasioni sul volto, sulle ginocchia e sul petto. Secondo alcuni attivisti, inoltre, l’attivista aveva il naso rotto e i lividi sul volto. Lesioni che gli inquirenti hanno attribuito ad una possibile caduta, ma che potrebbero anche essere il segnale di un pestaggio o di un’aggressione. Gli investigatori stanno analizzando gli effetti personali del ragazzo, in particolare il telefonino. La polizia ha chiesto inoltre alla popolazione di mettersi in contatto con le autorità, per rivelare qualunque informazione si consideri rilevante sul questo caso.

Tante sono state le reazioni internazionali a quello che viene considerato come l’ennesimo atto di repressione da parte del regime bielorusso. L’Alto Commissario Onu per i diritti umani Marta Hurtado ha chiesto «un’indagine rigorosa, imparziale ed efficace». Per il presidente dell’Europarlamento David Sassoli «il fatto che gli attivisti bielorussi siano presi di mira nei Paesi terzi è una grave escalation» da parte del regime.

La leader dell’opposizione Tikhanovskaya, si è detta «devastata dalla notizia», l’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e la sicurezza, Josep Borrell, ha affermato di essere «scioccato» elogiando le autorità di Kiev per aver avviato subito un’indagine sul caso.

La vicenda di Shyshiu fa eco ad un altra storia che riguarda la Bielorussia e che ha interessato anche le Olimpiadi di Tokyo.

Nei giorni scorsi la velocista bielorussa Krystsina Tsimanouskaya dopo essere stata minacciata di rimpatrio forzato per aver criticato la sua federazione sui social media, ha chiesto protezione all’ambasciata polacca, ottenendo un visto umanitario, mentre suo marito al momento è fuggito in Ucraina. La velocista si era sfogata su Instagram dopo essere stata chiamata a sostituire senza preavviso le sue connazionali risultate non idonee perché non si erano sottoposte al numero minimo di test antidoping. “Come al solito la nostra leadership decide per noi… Sono le Olimpiadi, non uno scherzo! queste le parole che hanno fatto infuriare le autorità Bielorusse tanto da volerla rimpatriare con la forza.

La ventiquattrenne avrebbe dovuto correre i 200 metri femminili alle Olimpiadi di Tokyo, ma alla vigilia è stata ritirata dalle competizioni e portata con la forza in aeroporto con un biglietto per Minsk via Istanbul.

La Timanovskaja a quel punto, si è rivolta alla polizia di Tokyo, lanciando un appello al Cio e chiedendo protezione. Ed è stata lei stessa tramite il canale Telegram della Fondazione bielorussa per la solidarietà sportiva (Bssf) che sostiene gli atleti perseguitati ha far sapere di essere al sicuro. Lunedì chiederà asilo politico alla Polonia. Intanto Praga e Varsavia le hanno già offerto un visto.

Che la Bielorussia sia l’ultima dittatura d’Europa è sotto agli occhi di tutti. Ma proprio perché parte di quell’Europa che fonda le proprie radici negli ideali di democrazia e di libertà ci chiediamo come mai a distanza di un anno, nonostante le repressioni, gli arresti, le torture, le sparizioni, le minacce e le continue vessazioni non sia stato deciso in modo univoco di condannare il dittatore Lukashenko. Come mai non state imposte rigide sanzioni al Governo della Bielorussia per tutelare la dignità e la sicurezza del suo stesso popolo? Domande alle quali speriamo di avere presto risposte, ma che di sicuro ci mostrano un’Europa, poco decisa e non così tanto unita.


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