La questione sullo ius soli viene via via dettata da situazioni contingenti e diventa per lo più diatriba pregiudiziale più che serio dibattito politico. Oggi viviamo il dramma dell’Afghanistan, il tardivo pentimento per l’intervento a cui abbiamo partecipato, un senso di fallimento completo e la domanda pressante di come agire, di un piano per l’accoglienza dei profughi che nuovamente pone in contrasto invece che unire le forze politiche in Europa e in Italia. Nel piccolo, di fronte a questa immane questione, si ricorda che nel percorso del Centro Balducci negli anni sono stati accolti diversi afghani che attualmente non sono presenti. Nell’intreccio continuo fra accoglienza concreta delle persone e promozione culturale abbiamo invitato e accolto più volte in questi anni diverse donne afghane che hanno portato la testimonianza del loro impegno coraggioso e della loro lotta. L’ultima nel 2019, una leader che ha parlato ai giovani nella sala del centro e poi di fronte alla base USAF di Aviano e sul Vajont, animata da speranza indomita di cui era segno il bambino che portava dentro di sé.
La sua comunicazione ai giovani ha evidenziato la devastazione della guerra sulle persone e sull’ambiente, la condizione delle donne e dei giovani, la produzione e il mercato dell’oppio e ha ribadito la necessità il continuare a lottare. Gino Strada, esempio mondiale luminoso per tantissime persone ci ha ricordato che il solo vincitore è stata l’industria delle armi pronta a ricavare ingenti profitti da investimenti di miliardi, ricordando le migliaia di morti e feriti. La libertà e la democrazia non si esportano con le armi: è una contraddizione intrinseca; si è liberi con gli altri e per gli altri come ci ricorda spesso anche Massimo Recalcati: “la più la più alta forma di libertà è la solidarietà”. La democrazia va vissuta, difesa, promossa nelle scelte corresponsabili e condivise. Si pensa al dramma della Afghanistan, a questo immenso popolo con desolazione e ci si chiede come si può reagire, che cosa si può fare. Certo continuare ad alimentare e diffondere la cultura e la pratica dei diritti umani per tutte le persone a cominciare dalle donne a cui sono negati. Una persona, una comunità, un popolo, un’area del mondo ha più forza culturale etica e politica se persegue costantemente la via dei diritti. Ora non si intende forzare un accostamento strumentale con lo ius soli ma se di fatto il nostro Paese lo avesse approvato ci sarebbe ora una ricchezza culturale, politica, legislativa maggiore perché ogni acquisizione positiva diventa arricchimento. Quale problema c’è nel riconoscere la cittadinanza italiana alle migliaia di bambini e bambine, ragazzi e ragazze nati in Italia o arrivati con i loro familiari? Si tratta della condizione quotidiana di convivenza nelle amicizie, nella frequentazione delle case, delle scuole, degli spazi dei giochi e delle attività sportive, delle espressioni artistiche dal teatro alla musica. Quale problema nel riconoscere la contaminazione, l’arricchimento delle diversità nelle dinamiche di identità aperte liberandosi dalle chiusure difensive e aggressive?
La dimensione etica è il riconoscimento e l’assunzione di questa realtà. La politica dovrebbe solo riconoscerla.
I criteri da seguire per l’approvazione di una nuova legge dovrebbero essere aperti e facilitare, non determinare ostacoli e barriere pretestuosi. A me pare che la cittadinanza prima e contestualmente di essere un riconoscimento giuridico dovrebbe esprimere il senso profondo di appartenenza alle dimensioni costitutive e fondamentali del nostro Paese dichiarate dalla Costituzione. Come a dire: la cittadinanza dovrebbe diminuire fino ad annullarsi in violazione della Costituzione anche se giuridicamente permane. E nel caso quanti sarebbero e in che grado cittadini italiani? Si pensi alla articolo 1 sul lavoro con i drammi continui delle morti. Alla violazione dell’articolo 11 sul ripudio della guerra e quindi anche delle armi; all’articolo 10 sull’accoglienza dei profughi. Si pensi ancora alle dichiarazioni incredibili sul fascismo e antifascismo, sulla sostituzione della dedica di un parco a Falcone e Borsellino con il nome del fratello del duce, perfino il richiamo a Hitler. Quanti sono veramente cittadini italiani in quanto fedeli e osservanti i dettati della Costituzione? Dibattito aperto. Riconoscere con una legge la cittadinanza a centinaia di migliaia di giovani dovrebbe essere un momento condiviso, sereno, gioioso, sì proprio gioioso perché è una realtà di fatto così numerosa, viva, vivace partecipe ricca di esperienze positive e di diverse potenzialità ancora da esprimere e certamente preoccupata e solidale con il popolo afgano e disponibile ad operare per l’accoglienza. Laceranti le immagini da Kabul: persone che cadono dagli aerei a cui si erano aggrappati; genitori che disperati consegnano oltre i reticolati ai militari i loro figli perché non sperano in un futuro positivo per loro. Si parla in queste ore e si opera per l’evacuazione degli afghani che hanno collaborato con i paesi presenti in questi 20 anni; e il destino di tutti gli altri?
E la impressionante emergenza umanitaria a cominciare dai bambini? Si dice che questi 20 anni non sono stati un fallimento perché hanno permesso a tante bambine e ragazze di studiare e di lavorare in una situazione umana discreta, ma da ora in poi quale sarà il loro destino? Ci si muove per verificare la possibilità e l’opportunità di trattare con i talebani nell’incertezza di valutazioni e considerazioni, con informazione di atti di violenza che già si compiono. Sta di fatto che la situazione è drammatica. Si sta muovendo la sensibilità per l’accoglienza delle persone; velocemente si dovranno affrontare strategie e concrete possibilità, senza dimenticare coloro che da tempo sono in cammino nell’inferno della rotta balcanica e per i quali c’è il progetto disumano di campi di contenimento. In queste situazioni drammatiche è fondamentale alimentare la sensibilità, non dimenticare in fretta, unire propositi e possibilità concrete. Il Centro Balducci sente questa urgenza e nei limiti delle possibilità certamente è disponibile ad accogliere alcune persone afghane. Anche personalmente mi sento provato nell’animo per quanto sta accadendo, per una storia che ripropone disumanità. Si è chiamati a reagire con la forza delle convinzioni, la pazienza attiva, i gesti concreti da attuare, la collaborazione reciproca.