Il Sars-Cov-2 – Covid-19 e l’efficacia dei vaccini per contrastare la diffusione del virus, al fine di impedirne il contagio, è sempre più un argomento divisivo e dirompente: sia sul piano scientifico che quello mediatico, suscitando pareri opposti e conflittuali e a volte dettati da convinzioni ideologiche che nulla hanno in comune con la scienza. Si sente la necessità di una dialettica che si faccia portavoce di un’informazione autorevole quanto certificata. I media hanno una responsabilità che spesso cede al sensazionalismo confondendo l’opinione pubblica. Diventa così difficile cercare di approfondire argomenti complessi quando entra in gioco la salute, la prevenzione e la cura nella sua accezione più vasta a salvaguardia dell’intera collettività. Nell’interesse della scienza ogni contributo dettato dalla ricerca è indispensabile, e chi la persegue deve o meglio, dovrebbe, avere come unico obiettivo quello di divulgare un’informazione obiettiva e non come sta accadendo, al contrario, nella frenetica rincorsa per apparire in pubblico come gesto di auto celebrazione di se stessi.
Nella ricerca di fonti qualificate è, illuminante il contributo di Telmo Pievani, professore ordinario presso il dipartimento di Biologia dell’università degli studi di Padova, dove ricopre la prima cattedra italiana di Filosofia delle Scienze Biologiche. Titolare degli insegnamenti di Bioetica e di Divulgazione naturalistica, dal 2016 è delegato del rettore per la Comunicazione istituzionale dell’Università degli Studi di Padova. Dal 2015 è vicepresidente della Società italiana di Biologia evoluzionistica e direttore responsabile della testata giornalistica “Il Bo Live”, un progetto editoriale dell’Ufficio Comunicazione dell’Università di Padova.
Affrontando il tema del Sars-Cov-2 nel suo articolo “Le varianti del virus. Uno sguardo evolutivo”, Pievani scrive che « il virus obbedisce a un imperativo darwiniano primordiale: moltiplicarsi, fare copie di se stesso finché può (e il rischio è sempre più alto se non viene compresa la responsabilità dell’uomo nel favorirne la diffusione, ndr), non solo siamo ospiti perfetti, ma negli ultimi decenni abbiamo comportamenti che aiutano i virus ad attaccarci. Per esempio perturbare e deturpare gli ecosistemi è una pessima idea perché in questo modo alcuni di questi microorganismi hanno fatto il salto di specie da animale a uomo. Se noi distruggiamo l’ambiente, ciò significa aumentare il contatto». Un monito su cui ancora non è stata prestata la debita attenzione.
Il professore e giornalista scientifico cita un articolo pubblicato dalla rivista Nature Ecology and Evolution (nella traduzione in italiano: L’Evoluzione è diventata virale) che affronta la crisi sanitaria scaturita dalla comparsa di varianti legate al virus. Evoluzione e mutazione vanno di pari passo nella storia dei virus, ma in questa pandemia il problema non è affrontato con la dovuta attenzione. Pievani scrive: «è normale che (il virus, ndr) accumuli mutazioni e si diffondono per deriva genetica, per effetto dello spostamento di piccole popolazioni di virus e dei suoi ospiti. Oppure per selezione naturale, perché alcune di queste mutazioni danno un vantaggio selettivo..».
Occorre soffermarsi su questo punto perché il termine selettivo è di fondamentale importanza per comprendere quanto sta accadendo con le varianti e l’editoriale di Nature Ecology and Evolution, citato dal professor Pievani, spiega: «Maggiore è la popolazione infettata più le varianti aumenteranno… succede nell’evoluzione, perché c’è una forte pressione selettiva. Il vantaggio di un virus non è quello di essere letale per i suoi ospiti ma la contagiosità, la sua trasmissibilità. Una mutazione che permette maggiore contagiosità, di conseguenza si diffonderà più velocemente e avrà più successo. Ma nei virus c’è anche un’altra pressione selettiva in più, causata da noi esseri umani. I farmaci (basti vedere cosa accade con gli antibiotici resistenti, ndr) e i vaccini sono anch’essi pressioni selettive: se nasce una mutazione genetica che permette al virus di aggirare gli attacchi che muoviamo contro, questa viene chiamata una “fuga selettiva”. Significa che l’organismo ha azzeccato una via per scappare all’attacco che abbiamo inferto. (…) Gli agenti patogeni mutano e noi dobbiamo trovare strategie di difesa. È una corsa evolutiva senza fine».
In Inghilterra e Israele, paesi in cui la popolazione è stata ampiamente vaccinata, si assiste ad una recrudescenza di contagi causati da varianti, come quella chiamata “Delta”. Non appare difficile la comprensione di questa analisi, eppure nella narrazione a cui si assiste nelle reti televisive e sui giornali, non vi è traccia. Fondamenti di biologia facilmente reperibili nei testi di medicina. La scelta di molti sanitari, medici e infermieri che hanno deciso di non sottoporsi alla vaccinazione suscita reazioni e polemiche con la decisione da parte di molte aziende sanitarie di sospendere dal servizio attivo gli operatori (definiti come dei “no vax”) e privandoli anche della retribuzione.
In Alto Adige attualmente sono 153 mentre nella provincia di Trento non hanno risposto all’invito di presentarsi alla somministrazione circa mille sanitari. L’Azienda sanitaria provvederà a inviare le lettere di sollecito per convincere a presentarsi, in caso contrario scatteranno anche in questo caso le sospensioni.
L’appello pubblicato a firma del presidente dell’Ordine dei Medici di Trento, Marco Ioppi, sul Bollettino Medico Trentino 02- 2021 (“A proposito di alcune posizioni non vax”) afferma che L’Ordine ha «il dovere di sottolineare il valore della vaccinazione di massa quale unico strumento per uscire dalla pandemia e i dati lo confermano».
Quanto affermato dal presidente dell’Ordine (che riportiamo integralmente in chiusura della pagina) ha suscitato una lunga riflessione (firmata) da parte di un medico che è stata fatta pervenire alla nostra redazione. «Sarebbe opera di lunga lena tracciare un quadro anche solo approssimativo di tutto ciò che è emerso durante più o meno un anno e mezzo di dichiarata pandemia. Non è questo il caso, qui si tratta di rispondere ai legittimi quesiti proposti da un editoriale apparso sulla rivista dell’Ordine dei Medici della Provincia di Trento, a firma del suo Presidente. Prima d’entrare nel merito chi ha riflettuto su quelle righe tiene a premettere che ha sempre cercato d’agire secondo scienza e coscienza e, poiché il dubbio è il padre della verità, ivi inclusa ogni verità scientifica, non ha mai, né mai avrebbe potuto aderire alla scienza per fede ma bensì solo seguendo la ragione e la critica costruttiva, né avrebbe potuto attribuire alla scienza la possibilità d’essere dogmatica. Se si desse il caso la Fede e i dogmi la coscienza li dovrà riservare esclusivamente a Dio e alla religione – prosegue il sanitario.
Tanto doverosamente premesso s’ha da dire che l’editoriale ricalca e sottolinea piattamente la cogente “narrativa ufficiale”, nihil novum. E ciò sebbene non attinga i vertici retorici registrati nelle parole del supremo presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini) che, in un discorso sul Covid-19 del 24 giugno scorso presso il Rome Cavalieri Hilton, ha affermato: “un medico che non crede nei vaccini è come un ingegnere che non crede nella matematica”. Si sa, la matematica è usualmente definita una scienza esatta e passi che vi si creda, ma la medicina è un’arte e le scienze più diverse, incluse quelle umane, sovente tutt’altro che esatte, sono solo le sue utili, necessarie ancelle. Come si possano confondere matematica e medicina facendo d’ambedue l’oggetto di un credo assoluto non è noto, a meno d’invocare la fede a sproposito.
Addentrandosi nell’editoriale, si tace del titolo, dove già l’enunciazione Novax suona condanna. Poi si leva la meraviglia: qualche collega di fronte ai vaccini anticovid esita se non addirittura manifesta contrarietà! La cosa all’editorialista evidentemente appare talmente assurda da essere incomprensibile, sicché enuncia quelli che definisce “punti fermi”, irrinunciabili cardini della professione tutelata dall’ordine.
Il primo punto è che la “vaccinazione di massa” rappresenta “l’unico strumento” per uscire dalla pandemia. Chissà come il mondo in due anni e poco più è uscito dalla ben più terribile pandemia di spagnola…senza alcun vaccino. Si dovrà ammettere almeno che le risorse naturali sono assolutamente passate di moda. Ma a conforto di tale apodittica affermazione vien detto con assoluta certezza che “i dati lo confermano”. Quali dati?? Quelli della drastica riduzione dei casi nell’estate del 2020, ottenuti con il solo arrivo di un assolato periodo? Se si paragonano contagi, ricoveri e decessi nello stesso periodo del 2021 non sono poi molto distanti, nonostante nella fattispecie il calo sarebbe (si dice) tutto merito dei vaccini. O si fa forse riferimento a “nazioni pilota” come il Regno Unito o Israele dove la variante delta (altresì indiana) sembra, dati alla mano, colpire assai anche i vaccinati?
Ma i quesiti son molti. Si dovrebbe dire quando mai una “vaccinazione di massa” condotta nel pieno di una pandemia è stata in grado di farla sparire. I dati inglesi e israeliani non sembrerebbero aver sradicato l’epidemia, semmai orientano verso una significativa selezione della citata variante delta.
L’editoriale fieramente prosegue: il codice deontologico “impegna gli iscritti a collaborare con le autorità costituite all’attuazione dei provvedimenti di sanità pubblica a tutela della salute individuale e collettiva”… ma un codice che impegnasse a collaborare acriticamente con l’autorità eseguendo supinamente degli ordini e negando le altrove enunciate “libertà, indipendenza e autonomia”, non dovrebbe ritenersi degno d’esser tale; potrebbe infatti portare diritto agli argomenti emersi durante il processo ad Eichmann e a “La banalità del male” della Arendt.
E non basta, segue: “il medico fonda il suo esercizio professionale sui principi di libertà, indipendenza, autonomia e responsabilità, che richiama il concetto di doverosità, quale obbligo morale di garantire la salute attraverso gli strumenti disponibili scientificamente validati”
Già parlare di “obbligo morale” sarebbe deprimente, e l’affermazione si potrebbe volentieri lasciare al papa argentino, perché qui, semmai, potrebbe entrarci l’etica. Ma c’è ben di peggio, libertà, indipendenza, autonomia, vengono cancellate con un tratto di penna in nome di una misinterpretazione del vocabolo “responsabilità” ridotto a significare “dovere”, anziché lettura critica del proprio compito e vaglio scientificamente rigoroso delle opportunità possibili al fine di scegliere ogni volta la più adatta alla salute di chi s’affida alla medicina. “Primum non nocere” dovrebbe essere regola aurea, anche questa pare passata di moda. Se poi l’”obbligo morale” si deve esercitare “attraverso gli strumenti scientificamente validati” avrebbero ragione coloro che i vaccini anticovid non li applicano. Si tratta infatti di terapie geniche sperimentali che dovranno essere “validate” entro il 2022 e 2023; attualmente si potrebbero tutt’al più definire “strumenti commercialmente validati” visto che la loro autorizzazione condizionata si basa sui dati sperimentali forniti dalle case produttrici, mentre ovunque nel mondo più rigorosi controlli “post marketing” gestiti dalle pubbliche autorità sono carenti se non del tutto assenti.
Proprio le conoscenze e le evidenze scientifiche acquisite e acquisibili in corso d’opera dovrebbero consigliare prudenza; forse è troppo pretendere che gli ordini sappiano cos’è la polimerasi theta (si veda in Science Advanced, G. Chandramouli; J. Zhao; T. Rusanov et al.; Polimerase Theta reverse transcribes RNA and promotes… ecc.) anche se solo con quest’argomento ce ne sarebbe a sufficienza per riflettere non giorni ma mesi e far sorgere qualche dubbio “scientificamente validato”. Ma rimanendo nel semplice basterebbe citare il caso Astra Zeneca e il delirio relativo alle indicazioni per fasce d’età per far comprendere quanto spesso le posizioni “ufficiali” (per intendersi quelli di generali, laureati in scienze politiche e inossidabili esperti televisivi) siano contraddittorie e sovente anche in contrasto con le troppo spesso asserite “sicurezza ed efficacia”. Proprio i tanti dati nuovi emergenti (si cita, tanto per dire, la casistica delle miocarditi nei giovani) impongono o dovrebbero imporre al medico l’obbligo di un’informazione trasparente, rigorosa e prudente nei confronti del cittadino.
Si dovrebbe poi spiegare perché ci si accanisca a voler vaccinare individui tra i dieci e i vent’anni dove la mortalità da Covid-19 è 0,0 …qualcosina e quando è noto anche ai sassi che il vaccino non annulla la possibile trasmissione della malattia (specie le varianti). L’editoriale in questione rende invece noto che informare in modo trasparente significa tacere. Una novità. Inoltre il fatto che il vaccino, ovvero una misura squisitamente preventiva, venga definito in quel testo una “cura essenziale” rappresenta una scorrettezza indefinibile! Si produca la statistica dei pazienti ammalati o ricoverati curati con successo grazie al vaccino! Immagino infatti che quanto affermato lo “confermino i dati”, ignoti alla mia ignoranza! Spero qualcuno ne sappia qualcosa.
Qui peraltro si potrebbe aprire il dolentissimo e drammatico capitolo dei tanti, troppi medici “NOTER”, quelli del “non esiste terapia” prenda tachipirina e “vigile attesa”. È doloroso rilevare che a tanta distanza dall’esordio del Covid-19 vi siano ancora i negazionisti delle cure (quelle vere!) e come tale negazionismo assai sospetto alligni pervicacemente ai più alti livelli. Si potrebbe citare il colpevole ritardo nell’introduzione dei monoclonali, ormai riconosciuti efficaci dallo stesso Ministero, o il nullo o scarsissimo investimento nella verifica di molte terapie, anche a basso costo, riconosciute efficaci in numerosi lavori scientifici, se non ci s’accontenta di quanto pubblicato perché non verificare?
Ma qui ci si ferma, s’aprono infatti capitoli che evidentemente vanno ben oltre le funzioni di guardiania a favore delle “autorità costituite”. Un medico scientificamente dubbioso».
L’editoriale del Presidente dell’Ordine dei Medici di Trento