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Riflessione sulla sicurezza dopo Voghera

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Tanti, in continuazione, sono i fatti che si susseguono e ci interpellano nella nostra storia personale, nelle relazioni, nelle situazioni sociali e politiche sempre di più interconnesse, nelle nostre comunità locali che sono parti di quella planetaria. Tutti andrebbero letti econsiderati oltre la cronaca per il significato che contengono. Alcuni assumono pregnanza e valenza particolari, anche perché ripropongono questioni di fondo permanenti. A questi appartiene quello che è avvenuto a Voghera: l’uccisione di un immigrato per un colpo di pistola senza sicura dell’assessore alla sicurezza. La vittima: una persona con fatiche esistenziali che certo non riguardano solo gli immigrati ma tante persone. Lacondizione degli immigrati più volte è aggravata da percorsi difficili e dalla mancanza di risposte o dalla fragilità e precarietà delle stesse. Si ribadisce che la questione planetaria dei migranti non è stata assunta in modo progettuale né dall’ Europa né dall’Italia, che continuano nell’indifferenza e nell’assenza di impegno serio, nel rinvio di decisioni che mettano insieme progettualità, umanità e legislazioni appropriate. Si pensi alle tragedie della Rotta balcanica e del Mediterraneo e ad altre presenti sul Pianeta. L’altra persona, che con compito politico come segno di mantenimento della sicurezza gira con la pistola, è un fatto di per sésconcertante e inquietante. Questa vicenda dolorosa ripropone la questione di fondo della sicurezza. Il Centro Balducci ha dedicato ad essa il 27° Convegno del settembre 2019. La continua, più di qualche voltastrumentale e parziale, invocazione alla sicurezzainterpretando le insicurezze dei cittadini, indicando nei migranti la causa principale dell’insicurezza, promettendo sicurezza, è stata da noi formulata in un interrogativo: “Sicurezza?” come a dire: assumiamo la questione, parliamone a viso aperto senza ipocrisie, infingimenti e nello stesso tempo senza strumentalità.

Entriamo pienamente nella complessità: ad essa non si risponde con le semplificazioni di cui le armi sono lo strumento e l’aggravante più disumani. Si pensi alriguardo alle ricorrenti e tragiche situazioni negli USA; né in modo individualista, di cui espressione sono anche i gruppi zelanti che pretendono di garantire sicurezza soprattutto nei confronti di determinate persone, per primi i migranti, sostituendosi tra l’altro alle istituzioni preposte. L’esperienza del Covid merita una lunga e articolata meditazione: tutti ci siamo sentiti ugualmente insicuri e dovremmo imparare che la sicurezza riguarda ugualmente tutte le persone del Pianeta e si costruisce insieme. Alla domanda era seguita una possibile risposta che continua ad essere una pressante prospettiva di fondo: “Si cura l’umanità e la Terra“, in qualche modo riformulando il termine sicurezza nella prospettiva dell’impegno della cura delle persone e della terra, dell’ambiente vitale.

La sicurezza riguarda le persone, le relazioni, i territori, la società, il mondo intero.

È una dimensione personale che riguarda i propri vissuti e l’equilibrio interiore che siamo sempre chiamati adelaborare e rassicurare. C’è bisogno di una sicurezza interiore non chiusa, difensiva ed aggressiva, bensì aperta, porosa, dinamica in un dare e ricevere continui. Riguarda i rapporti di amore e di amicizia, un’etica condivisa, trasparenza nelle professioni, nell’economia, nella politica, nelle esperienze di volontariato e di solidarietà; esigono sicurezza le convinzioni profonde e il riferimento continuo alla Costituzione.

Come garantire la sicurezza sul lavoro data la tragica e continua smentita con le impressionanti morti e le malattie contratte? Come garantire la sicurezza delle persone più deboli e fragili della società fra cui i sofferenti psichici, evidenziando i propositi di ritorno all’indietro dalla liberazione di Franco Basaglia? Chi se ne preoccupa, chi le prende a cuore e chi se ne prende cura? Chi delle persone la cui diversità diventa una discriminante? E dei bambini, dei ragazzi e delle ragazze e dei giovani? E delle donne? Chi degli anziani?

Dopo la morte nei mesi scorsi di un numero impressionante con le loro storie ricche di esperienze chi si è posto la questione pressante della loro presenza in aumento in questa società? Come e dove vivono? Fino ad ora nella cultura, nella politica e nella Chiesa c’è un silenzio che impressiona dato anche quello che di tragico è avvenuto. Ci sono ancora nella società le gravi questioni della corruzione, del traffico di essere umani, della droga, delle armi, dell’evasione e corruzione, delladelinquenza organizzata, delle mafie: tutte riguardano la sicurezza e chiedono l’impegno a costruire una società di uguaglianza, giustizia sociale, diritti umani uguali per tutti. La presenza delle forze dell’ordine non può mai essere disgiunta dall’impegno culturale, etico e politico per prevenire con il contributo personale e di quel noi indispensabile da costruire continuamente. Molta importanza assumono i mezzi di informazione nel raccontare e commentare i fatti in modo veritiero egiusto, evitando ogni strumentalizzazione e favorendo nelle persone riflessione e impegno. Da alcune indagini si è appreso come le persone percepiscano l’insicurezza anche in territori discretamente sicuri per cui l’insicurezza è anche costruita. La sicurezza, come dicevamo in quel convegno, riguarda insieme alle persone, la terra, la Madre Terra come la chiamano gli Indios latinoamericani. Le tragedie recenti della Germania e della Cina sono una conferma del disequilibrio causato dall’uomo per la sua sete di profitto con usurpazioni, saccheggi, innalzamento dellatemperature. L’impegno richiesto per un cambiamento risoluto è più che mai urgente e certo non basterà come dicono in questi giorni i movimenti alternativi una verniciata di verde. Quel convegno si è concluso in due luoghi emblematici: davanti alla base USAF di Aviano e sul Vajont con la presenza tra gli altri dell’amico don Luigi Ciotti. Si afferma che le basi militari e le armi sono per la sicurezza. La storia dimostra il contrario,come ricorderemo il 9 agosto davanti alla base USAF nella memoria delle decine e decine di migliaia di vittime di Hiroshima e Nagasaki, un crimine contro l’umanità. Quale arma ha fermato il virus che si è diffuso su tutto il pianeta con innumerevoli vittime? I duemila morti del Vajont si iscrivono tragicamente nella prepotenza e nell’avidità dell’uomo che non rispetta ma violenta l’ambiente. Una questione vitale e complessa quella della sicurezza che di per sé, intrinsecamente ripudia ogni forma di violenza, ogni pistola o altra arma. È un compito arduo che interpella ciascuna e ciascuno di noi, la cultura, l’etica, la politica e le religioni. I CARE! della Scuola di Barbiana continua a provocarci e la parola cura esprime la sensibilità, la disponibilità, le attitudini, la pratica di bene indispensabili.


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