Nella stagione in cui se piove sembra che la fortuna ci assista, visto che la grandine è peggio, le indicazioni del governo per i vertici della Rai fanno respirare un po’.
Carlo Fuortes, indicato come nuovo amministratore delegato, è un apprezzato manager culturale. Si occupò, già in tempi non sospetti, di economia della cultura. Inoltre, è stato per diversi anni alla Fondazione Musica per Roma, nonché da ultimo al Teatro dell’Opera della capitale, pur con contestazioni sindacali.
Marinella Soldi, indicata invece- come consigliera, arriva da Vodafone e dal gruppo televisivo Discovery, piuttosto variegato nell’ambito dell’offerta specializzata. Era stata immaginata da Matteo Renzi (del resto, nessuno/a è perfetto/a) nella precedente tornata di nomine. Ma il problema sta nel ruolo che ricopre ora nel gruppo telefonico, in qualche modo concorrente del servizio pubblico.
Saggezza vuole che si eviti di dare giudizi a freddo. Tuttavia, poteva andare peggio, per riprendere un motto caro a Pier Luigi Bersani.
Peggio, perché giravano nomi da paura e sembrava inesorabile la presa di un ulteriore pezzo del potere da parte delle destre. Queste ultime, però, dispongono di panchine assai corte nei territori culturali. Non per caso, comunque, la Lega ha protestato e chissà se troverà ascolto nel decisionismo di Mario Draghi e del ministro Franco.
La scelta dei due nominativi precede la nuova assemblea sociale prevista per il 12 luglio, che peraltro è la continuazione dell’assise del 30 giugno scorso. Verosimilmente, la medesima assemblea rimarrà aperta, in attesa delle designazioni (quattro) di spettanza parlamentare. Un componente (Riccardo Laganà) fu eletto il 7 giugno a cura dei dipendenti.
L’indicazione governativa suona come uno schiaffetto proprio al parlamento, che ha rinviato alla serata del 14 luglio la decisione. Com’è noto, le sedute del 7 luglio sono state rinviate per le difficoltà emerse nella casa divisa del Mov5stelle e nelle destre. A questo punto, non è più possibile che camera e senato rimandino il compimento di un atto dovuto.
La legge del 2015 voluta ardentemente da Renzi, che spostava il baricentro sull’esecutivo, ha avuto un’interpretazione autentica. A dispetto di ogni concertazione o di eventuali bilancini, palazzo Chigi procede e il resto segue.
In un certo senso, la sloganistica che vuole cacciare i partiti dalla Rai, è stata attuata così. Naturalmente, proprio il carattere asimmetrico della vicenda evoca l’urgenza di una modifica dei criteri di nomina del vertice della Rai e, soprattutto, la riscrittura della missione di un’azienda sbiadita e in parabola discendente.
Coraggio, inventiva e creatività sono indispensabili nell’età della rete e di fronte ai nuovi oligarchi, che guardano dall’alto in basso i vecchi apparati cresciuti nell’era analogica.
All’ordine del giorno sta con indifferibile urgenza un patto comunicativo, in cui risulti chiara l’importanza della sfera pubblica come momento chiave di un aggiornato Welfare, che si occupi tanto del Cloud quanto dei contenuti da irradiare negli infiniti canali digitali.
Per citare il rinomato regista in concorso a Cannes, Fuortes e Soldi dite qualcosa, qualcosa di sinistra. Dove sinistra è il luogo progressista dell’infosfera.