Non ce l’ha fatta il giornalista Alexander Lashakarava, morto l’11 luglio a Tbilisi, in Georgia, dopo una settimana di agonia. Lashakarava era stato picchiato il 5 luglio durante un corteo pride della comunità LGBTQI da una squadraccia di violenti oppositori alla manifestazione.
Lashakarava, 37 anni, aveva riportato fratture alle ossa del volto ed era stato ricoverato in ospedale per 4 giorni prima di tornare a casa. Le circostanze della sua morte, comunque, non sono state ancora chiarite del tutto. Il giornalista non era stato l’unico ad essere violentemente aggredito durante la manifestazione: ben 50 reporter e lavoratori dei media, infatti, sono stati picchiati.
La Federazione europea dei giornalisti (Efj) e le organizzazioni sindacali locali dei giornalisti hanno denunciato la totale assenza delle forze dell’ordine nella protezione dei lavoratori dei media. Dopo la morte di Lashakarava, numerosi manifestanti si sono radunati davanti al Parlamento chiedendo le dimissioni del primo ministro e del ministro dell’interno. Quest’ ultimo ha annunciato di avere avviato un’indagine su una “interferenza illecita nelle attività professionali del giornalista sotto minacce di violenza, persecuzione con violenza e violenza di gruppo” e di avere arrestato quattro persone, di cui l’ultima stamani.
Secondo il sindacato dei giornalisti georgiani (IAGJ) è estremamente importante che il Governo e in generale le autorità del Paese vengano tenuti sotto pressione da parte delle istituzioni internazionali , specie dell’Unione europea. La IAGJ ribadisce l’importanza di proteggere la libertà di espressione e di stampa e denuncia l’atteggiamento delle autorità locali che fingono di non vedere l’escalation di violenza dei gruppi radicali contro la comunità LGBTQI
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