Nessuno, oltre sei anni fa, avrebbe potuto immaginare cosa avrebbe vissuto il nostro Paese in questo settennato di presidenza di Sergio Mattarella. Il primo Presidente siciliano arrivò alle soglie del Quirinale con un grande carico di aspettative. Era, giova ricordarlo, un periodo che oggi sembra lontano anni luce per la nostra Italia. Mattarella conosceva benissimo le Istituzioni del Paese, per averle onorate e rappresentate. Nel suo dna c’è la storia costituzionale della nostra Repubblica, i valori laici e religiosi maturati dall’impegno del padre Bernardo, padre costituente ed amico personale di don Luigi Sturzo. Nella sua storia c’è una delle ferite più sanguinanti della nostra Sicilia e dell’intera Penisola: l’omicidio del fratello Piersanti, il 6 gennaio del 1980 a Palermo. Il Presidente Sergio, indicato come il “prosecutore morale” della stagione politica del fratello dai più stretti collaboratori di Piersanti, ha condotto battaglie ancor più difficili. La sua politica è da sempre quella della “sostanza”, non ostentata né declamata ma efficace e culturalmente radicata. Una definizione che potrebbe inglobare quella delle “carte in regola” che fu propria del fratello, Piersanti.
Per capirne l’impegno, sin da subito, basti pensare che fu Sergio Mattarella a mettere alla porta, definitivamente, Vito Ciancimino nel congresso regionale della Democrazia Cristiana nel 1983. Lo fece completando un percorso iniziato dal fratello Piersanti che, Rino La Placa – uno degli uomini più vicini a Piersanti allora e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella poi -, racconta come “una vera e propria contrapposizione, innanzitutto culturale, fra i due uomini”. Fu solo dopo, ma sottolineo dopo, che tutta la Sicilia ne prese le distanze.
Un uomo abituato alle sfide impossibili, come quella che abbiamo vissuto e che purtroppo stiamo vivendo in questo periodo pandemico, da combattere con il sorriso e la dolcezza mimica che gli è propria. Un Presidente che ha riunito gli italiani contrapponendosi anche a chi li voleva dividere per piccoli interessi di bottega. Bellissima la frase pronunziata dal Presidente qualche anno fa, allorquando spiegò che: “La comunicazione istituzionale non va in alcun modo confusa con la propaganda politica e non può ridursi all’esaltazione acritica dell’attività delle singole amministrazioni. Si tratta di rendere un servizio ai cittadini e non di farsi pubblicità”.
Un servizio ai cittadini reso in ottant’anni vissuti intensamente, sempre con il suo stile riservato e discreto. Una guida ferma. E chissà che il regalo più bello non lo faccia, ancora una volta, Lui al nostro Paese: rimanere sul Colle più alto come “nocchiere”, con timone sicuro, sulla nave Italia per condurla fuori da questa ennesima “gran tempesta”.
Auguri, Presidente!