Il generale Gianadelio Maletti, il numero due del SID, la scatola nera della Repubblica, uno dei personaggi più controversi della tormentata vicenda italiana, ci ha detto addio lo scorso 9 giugno all’età di novantanove anni. Era considerato uno di coloro che sapevano tutto e hanno parlato poco, molto poco, il più delle volte dicendo solo ciò che ritenevano opportuno dire e rendendo perciò impossibile la costruzione di un quadro d’insieme. Del resto, ciò che si voleva evitare era proprio che qualcuno potesse mettere in fila i fatti, fino magari a giungere ai nomi dei burattinai del perverso intreccio che ha reso l’Italia una nazione fragilissima e costantemente sotto tutela, e chi ci ha provato, il più delle volte, ha pagato un prezzo altissimo: se non ci ha rimesso la vita, ci ha rimesso comunque la carriera.
Piazza Fontana, le stragi, la Strategia della tensione: non è chiaro quale sia stato il ruolo di Maletti, quante cose sapesse, quante ne abbia rivelate, di quante trame oscure e indicibili sia stato posto al corrente, quanti eventi abbia determinato e quanti gliene siano passati sotto gli occhi, in anni tremendi che videro lo Stato mettere in discussione se stesso e l’autonomia delle nostre istituzioni ridotta ai minimi termini.
Il suo è stato, dunque, un secolo di ambiguità, di detti e non detti, di parole centellinate con rara maestria, di silenzi assordanti e di mezze verità. Un secolo che io ha visto a lungo protagonista, sempre dietro le quinte, mai in prima fila, eppure importantissimo, decisivo, un vero potere occulto, un intoccabile che si è portato nella tomba segreti e misteri, lasciandoci senza la possibilità di far luce su vicende che ancora condizionano in maniera decisiva il nostro stare insieme.
Gli anni Settanta, del resto, sono stati, al tempo stesso, una patria morale, un decennio infinito e un buco nero, il pozzo delle nostre speranze, la sconfitta definitiva della generazione che aveva creduto in qualcosa e la fine mesta del Sessantotto e dei suoi sogni di libertà. Le illusioni dei ventenni di allora, infatti, vennero annegate nell’odio, nella ferocia, nel sangue e nella barbarie. La follia prese il sopravvento, le bombe, di Stato e non, fecero il resto. Fra P2, servizi segreti collusi, ruolo della mafia e della criminalità organizzata in generale, delitti eccellenti e una costante destabilizzazione del quadro politico, quel decennio ha segnato in maniera indelebile il corso successivo del nostro Paese. Dopo quell’orgia di follia nulla è stato come prima, e Maletti c’era, sapeva, se non tutto, come detto, molto più di quanto ci abbia raccontato. Se ne è andato a Johannesburg, dove si era trasferito da quarant’anni, chiudendo i suoi giorni con la discrezione tipica del personaggio. Gli è stata compagna la sua coscienza, ammesso che ne avesse una.
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