Sessant’anni fa, a settantuno anni, si toglieva la vita Ernest Hemingway, premio Nobel per la Lettura nel ’54 nonché uno dei più grandi scrittori mai nati. È stato una delle icone del Novecento, l’emblema di un secolo segnato dalle guerre e dall’orrore ma anche da tanti sogni e speranze di rinascita che il nostro, purtroppo, ha deciso di non vedere fino in fondo, scegliendo di porre fine ai suoi giorni a causa della depressione. Non entriamo nel merito di una decisione che non merita alcuna discussione, preferendo concentrarci sull’immensità di uno dei massimi interpreti della narrativa mondiale. Non si contano, infatti, i suoi capolavori: su tutti “Addio alle armi” e “Per chi suona la campana”, due narrazioni esemplari degli sconvolgimenti del Secolo breve, dal sangue delle trincee della Prima guerra mondiale all’aberrazione della Guerra civile spagnola, ma non sono da meno “Fiesta”, “Il vecchio e il mare”, “Di là del fiume e dagli alberi” e altri gioielli che hanno rivoluzionato il nostro modo di intendere la letteratura.
Hemingway ha profondamente vissuto, profondamente amato, visto in prima persona ciò di cui ha scritto, osservato ogni avvenimento con l’attenzione meticolosa del cronista e riferito i fatti con i guizzi del romanziere di razza, rendendo immortale la figura eroica di Dolores Ibárruri e restituendoci la tensione, lo strazio e l’importanza di un evento che ha mutato radicalmente il corso della storia.
Hemingway ha tratteggiato l’affresco vivido di una stagione del mondo, utilizzando la penna come una sorta di pennello e dipingendo quadri destinati all’eternità, benché composti unicamente di parole: parole che, tuttavia, valgono più di mille immagini.
Sessant’anni senza il suo genio, senza la sua arte, senza la sua capacità di stupire chiunque avesse di fronte, nonostante Montanelli lo ritenesse “delusivo”, forse perché non era riuscito a entrare del tutto in sintonia con una personalità soverchiante, mai disposta a cedere la scena a chicchessia. Era, difatti, un prim’attore, il protagonista dei protagonisti, il mito che sapeva di esser tale. Ci manca ma, per fortuna, la sua eredità ha superato di gran lunga la sua persona.
Iscriviti alla Newsletter di Articolo21