Il confine può essere una semplice formalità, o il bastione di una fortezza. Il confine è anche lessicale. C’è la terra “nostra”, e poi ci sono “loro”.
Un giorno, in un imprecisato punto tra Somalia ed Etiopia, imparai che “il confine” non sono i valichi, gli uffici doganali, le pattuglie, i militari che spadroneggiano aspettandosi una mancia per farti passare. Quel giorno capii che i confini sono stati tracciati, anzi incisi, netti e ben riconoscibili, nelle nostre coscienze.
Molte volte “loro”, gli “invasori”, sono bambini. Da cosa scappano? Cosa li spinge ad andare avanti? Quali pericoli superano? Quanti non ce la fanno? Quanti confini hanno attraversato? Quante volte vengono respinti? Come? Da chi?
“L’Orizzonte di notte non esiste” è un reportage per il teatro. Il racconto dal vivo dei viaggi, rischiosi, terribili, spesso mortali, che hanno per protagonisti proprio i più piccoli tra i profughi e i migranti. E’ anche la storia dei carnefici, e quella dei samaritani che non ti aspetti. Ed è una storia che ci riguarda, che ci vede comunque coinvolti. Perché gli interessi in gioco sono altri. E la verità, ancora una volta, c’è chi cospira affinché sia taciuta, insabbiata, corrotta.
Trascinati dalla corrente, mentre la risacca gonfia il Mare Nostrum ritroviamo, come sovrapponendo le immagini di oggi a quelle della memoria, i bagagli alla deriva di chi allora partiva e quelli di chi tornava.
“C’era la guerra, quella notte del 27 giugno 1980. E c’erano sessantanove adulti e dodici bambini che tornavano a casa, che andavano in vacanza, che leggevano il giornale, o giocavano con una bambola….”
Le menzogne sulle stragi in mare, gli intrighi sulla Libia, i “muri” in Europa come quelli tra Stati Uniti e Messico, sembrano rispondere a una logica crudele, immutabile, che non si cura delle persone. Oggi, come 21 anni fa.