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Verso la liberazione di Julian Assange? Il 3 luglio presidio a Roma in piazza Trilussa

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Seneca scriveva che non esiste alcuna via semplice dalla terra alle stelle. Dopo circa un decennio di confinamento, prima in uno spazio di 18 metri quadrati in un’ambasciata al centro di Londra e ora in una piccola cella di un carcere di massima sicurezza, siamo forse vicini alla liberazione di Julian Assange?

Sigurdur Ingi Thordarson, cittadino islandese condannato per abusi sessuali su minori e frode finanziaria e testimone chiave nel processo ad Assange, lo scorso 26 giugno ha ammesso al quotidiano islandese Stundin di aver fabbricato false accuse nei confronti di Assange. Questa rivelazione potrebbe avere un impatto importante sul destino del fondatore di Wikileaks.

“In effetti, Thordarson ora ammette a Stundin che Assange non gli ha mai chiesto di hackerare o accedere alle registrazioni telefoniche dei deputati [islandesi]. La sua nuova dichiarazione è che in realtà egli aveva ricevuto alcuni files da una parte terza che sosteneva di aver registrato i parlamentari e si era offerto di condividerli con Assange senza avere alcuna idea di ciò che effettivamente contenessero. [Thordarson] sostiene di non aver mai controllato il contenuto dei files e nemmeno se contenessero registrazioni audio come la sua fonte terza suggeriva. Ammette inoltre che la dichiarazione che Assange gli avrebbe ordinato o chiesto di accedere ai computer per trovare tali registrazioni è falsa”, ha scritto il quotidiano islandese.

 “Se Biden continua a cercare l’estradizione di un editore sulla base di un’accusa avvelenata da cima a fondo con falsa testimonianza, ammessa dal suo stesso testimone chiave, il danno alla reputazione degli Stati Uniti sulla libertà di stampa durerebbe per una generazione. È inevitabile”, ha twittato Edward Snowden in risposta all’articolo di Stundin.

Il Relatore Speciale ONU sulla Tortura, Prof. Melzer, che insieme a due psichiatri aveva visitato Assange nel carcere HMP Belmarsh (Londra) nel maggio 2019, ha riassunto nel seguente tweet i punti salienti del caso a partire dall’arresto di Assange l’11 aprile 2019:

 

“2019: Rivelati tortura e arbitrarietà del Regno Unito

2019: Crollo delle accuse di stupro in Svezia

2020: Rivelata sorveglianza in ambasciata

2021: Prigioni USA dichiarate inumane

2021: Le accuse di hacking degli Stati Uniti crollano

È ora di porre fine a questa farsa!”.

Nella sentenza di primo appello, la giudice Baraitser ha negato l’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti per ragioni umanitarie sulla base delle delicate condizioni di salute di Assange, il rischio suicidio e le condizioni nelle carceri statunitensi. Baraitser ha tuttavia dato ragione all’accusa su pressoché tutti i punti legali, confutando la tesi della difesa secondo cui Assange ha svolto la sua attività di giornalista. “Non è una vittoria della libertà di stampa.  Al contrario: la giudice ha detto che credeva ci fossero motivi per perseguire Assange in relazione alle pubblicazioni del 2010”, ha scritto Glenn Greenwald su Twitter.

Poche settimane dopo queste pubblicazioni, tra cui il famoso video ‘Collateral Murder’ che mostra un attacco aereo avvenuto nel 2007 a Nuova Baghdad da parte di soldati statunitensi nei confronti di civili iracheni disarmati, tra cui due reporters della Reuters, il giornalista ed editore ha perso la sua libertà.

E’ importante notare che i primi tentativi di incriminare Assange risalgono a circa un decennio fa, quando l’amministrazione dell’ex Presidente Obama aveva valutato anch’essa una possibile richiesta di estradizione, ma vi aveva poi rinunciato, sulla base di quello che fu descritto come ‘il problema del New York Times’.

“Se il Dipartimento di Giustizia incriminasse Assange, dovrebbe anche perseguire il New York Times e altre organizzazioni di notizie e scrittori che hanno pubblicato materiale classificato, tra cui il Washington Post e il quotidiano britannico Guardian”, aveva scritto il Washington Post nel Novembre 2013.

La decisione dell’amministrazione Trump di procedere con l’incriminazione di un giornalista ai sensi dell’Espionage Act è stata definita senza precedenti. Amnesty International, Reporters Without Borders, Freedom of the Press Foundation e altre organizzazioni hanno espresso profonda preoccupazione circa il pericolo precedente legale che si instaurerebbe a seguito della condanna di un giornalista ai sensi di una legge sullo spionaggio.

L’amministrazione Biden appare ora nella seguente posizione: ha dichiarato il proprio impegno per il rispetto della libertà di espressione e l’intenzione di ritirare le truppe statunitensi dall’Afghanistan, eppure non ha ancora fatto cadere le accuse contro la persona che ha rivelato la realtà e l’orrore di quel conflitto.

Mentre voci da tutto il mondo chiedono al Presidente Biden di far cadere le accuse contro Julian Assange, invocando la difesa della libertà di stampa e di espressione – capisaldi di ogni democrazia, sanciti nella Costituzione Statunitense e nei più importanti strumenti del diritto internazionale come la Convenzione Europea dei Diritti Umani, Art.10, e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, Art.19– riecheggiano le parole di Benjamin Franklin: “[l]a libertà di parola è un pilastro principale di un governo libero; quando questo supporto viene tolto, la costituzione di una società libera si dissolve e la tirannia viene eretta sulle sue rovine.”

Spetta a noi cittadini –a chi, altrimenti?– difendere questo pilastro. E il modo migliore per farlo non è forse quello di diventarlo noi stessi –essere ciascuno di noi un pilastro a sostegno di questa società dove le ingiustizie possono essere scongiurate grazie a un meccanismo di controllo dei governati sui governanti?

Con la speranza che coloro che stanno leggendo contribuiranno, ognuno secondo le proprie possibilità, a formare questo supporto, costituendo così le fondamenta per la costruzione di un mondo migliore che emerga da queste macerie, e con la speranza che quanti più possibile di noi saranno testimoni di questi giorni più luminosi,  il gruppo ‘Italiani per Assange’ Vi invita, in occasione del 50° compleanno di Julian Assange, il 3 luglio in Piazza Trilussa a Roma dalle ore 17 per chiedere il ritiro delle accuse e l’immediato rilascio di un giornalista il cui lavoro è  stato insignito dei premi più prestigiosi del giornalismo.

Arianna Marchionne, Italiani per Assange


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