Non è semplice scegliere un’immagine o un evento simbolico per raccontare questi settantacinque anni di Repubblica italiana. L’unica riflessione che, a mio giudizio, bisogna fare ogni volta che si tratta l’argomento è come sarebbero andate le cose se fosse rimasta al potere la stessa monarchia che aveva avallato il fascismo e tutto ciò che esso aveva generato in termini di soprusi, ingiustizie e barbarie. Basti pensare che Vittorio Emanuele III non diede ascolto alla richiesta di stato d’assedio del presidente Facta, nel disperato tentativo di fermare la Marcia su Roma. Basti pensare al delitto Matteotti, allo stupro definitivo della democrazia e del Parlamento con il discorso pronunciato da Mussolini il 3 gennaio 1925. Basti pensare all’orrore del colonialismo e della Guerra d’Abissinia, agli oppositori spediti al confino o in carcere o, peggio ancora, massacrati di botte, come ad esempio don Giovanni Minzoni. E poi la vergogna delle vergogne: la firma apposta dal re sotto alle Leggi razziali, in un crescendo di disumanità, ferocia e indecenza che rendono il fascismo il male assoluto del Ventesimo secolo, insieme al nazismo, e chiunque ne sia stato complice o, comunque, spettatore passivo pur potendo intervenire per contrastarlo assolutamente ingiustificabile. Anche per questo il 2 giugno del ’46 l’Italia scelse la Repubblica: un valore costitutivo del nostro stare insieme, il fondamento della nostra Costituzione, al pari dei principî e dei valori della Resistenza, il nostro legame indissolubile con le vicende che ci hanno condotto dove siamo oggi.
La Repubblica deve essere considerata, dunque, un atto di giustizia, un bene comune da preservare con attenzione, un punto di riferimento e un baluardo contro ogni rischio di regressione o deriva autoritaria.
Settantacinque anni e molti lati oscuri: il fiume carsico del fascismo, mai del tutto estirpato e anzi troppo spesso giustificato o rivalutato, le logge massoniche, i servizi segreti collusi, le stragi, la democrazia per decenni bloccata, la sovranità limitata, la Resistenza spesso tradita e calpestata nei suoi aspetti basilari e il bisogno di giustizia, uguaglianza e progresso irriso e messo costantemente in discussione da coloro che non hanno mai rinunciato a un disegno eversivo e in netta continuità con quello mussoliniano.
Settantacinque anni, dunque, e la certezza che finora il nostro impianto costituzionale, nonostante tutto, ha resistito. Guai, tuttavia, ad abbassare la guardia perché gli attacchi sono quotidiani, i tentativi di manomissione costanti e la violenza con cui vengono veicolati determinati messaggi senza precedenti. Non sarà facile continuare a difendere le conquiste che ci sono costante tanto sangue e infinito dolore ma abbiamo il dovere di farlo, avvertendo in noi l’orgoglio di essere italiani, ossia, per dirla con Biagi, “un grande popolo nei momenti difficili”.
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