La famiglia di Husam al-Qass, famoso giornalista e attivista per il rispetto dei diritti umani siriano, ha reso noto nella notte che è stato rilasciato ieri nel nord est della Siria a Dairik, vicino al confine con l’Iraq. La famiglia aveva denunciato che dieci uomini armati lo avevano catturato, mentre si accingeva a salire sulla sua automobile parcheggiata in centro città, davanti a testimoni, picchiandone violentemente uno, nel pomeriggio del 3 giugno.
Ora si è parlato di un errore, di un arresto sbagliato da parte dell’ Amministrazione Autonoma Curda guidata dal Syrian Democratic Council ed eseguito dal suo braccio armato, le Syrian Democratic Forces. La positiva soluzione del caso di Husam al Qass, che deve necessariamente assumere dei farmaci giornalmente, non li aveva con sé e quindi rischiava la morte, ha diversi risvolti. Il primo è la soddisfazione della comunità assira, alla quale Husam al-Qass appartiene. Ma nessuno di loro ha confessionalizzato il caso. Noto attivista per i diritti umani, esponente del Fronte degli Assiri per la Pace e la Libertà, voce brillante dell’ Osservatorio assiro per i diritti umani, al-Qass aveva espresso la sua solidarietà con la popolazione di Mambji, dove la maggioranza araba ha manifestato richiedendo il rispetto dei propri diritti e otto manifestanti sono stati uccisi dalle forze dell’autorità autonoma, emanazione curda. Ma al-Qass ha spiegato che la sua solidarietà era dovuta a loro come ai curdi di Afrin, soggiogati dai turchi. Ecco perché la questione non andava confessionalizzata, perché il problema attiene alla politica e quindi a tutti, non a una religione.
Ora il suo rilascio fa gioire perché dimostra che anche se si vive vicino ai lupi non si è obbligati a vivere e operare come loro. Quel che si è sempre chiesto ad Assad, di rilasciare le migliaia di Husam al-Qass di ogni religione che ha detenuto e detiene nelle sue segrete, è dunque possibile. E’ possibile per chi non ha creato, investito, proposto o imposto questi metodi di lotta politica, diffondendoli e rafforzandoli anche nei campi a lui opposti. Resta ovviamente il dolore per gli otto caduti arabi di Mambji come per le vessazioni patite dai curdi di Afrin. Ma questo rilascio ci dice che la mobilitazione assira ha contato, che la voce conta e che cambiare è possibile.