Fa caldissimo. Stringo in mano il taccuino e percepisco con la mia pelle, con i miei occhi che bruciano quel senso di oppressione. L’aria è pesante, carica di odori acri e di un silenzio ancora più amaro. Sento in lontananza il belare delle pecore, una macchina della sicurezza privata che suona il clacson per farle spostare, il vocio dei pastori. Mi guardo intorno e percepisco l’atmosfera tesa intorno a me, la racconto con quelle poche parole che scarabocchio sul taccuino. Cerco facce amiche e incontro gli occhi buoni e genuini del contadino che ci mostra la sua terra martoriata, e il coraggio dei miei compagni di viaggio. Ho voglia di sedermi sotto un albero e lasciare che tutti i pensieri fluiscano.
Settimane dopo, nella quiete della mia casa sul lago, osservo le mie galline e i miei cani camminare sereni per il prato. Mi ricordano gli animali che ho visto in quella terra lontana, ma che pulsa ancora nella mia testa. Animali così simili, eppure così diversi…
La mia gallina più socievole salta sui miei appunti, percorre curiosa la tastiera del mio computer mentre io – seduta a gambe incrociate sul prato con tutto il materiale che ho raccolto davanti – cerco di non farmi distrarre. Riordino quelle sensazioni e provo a rappresentarle, a farne una storia.
Si susseguono stimoli, telefonate appassionanti con tutor ed esperti, segnalazioni da contatti chiave, una valanga di documenti, foto, mappe da esplorare. E intanto i pezzi compongono una figura, come in un puzzle, e appare la sagoma di quella terra e piccole luci, punti di speranza. Silenzio e informazione diventano disegni e suoni che assembliamo nei pomeriggi di fervore creativo. Prende forma l’architettura dell’inchiesta. Mi guida la voce di Roberto Morrione che ci incarica di “illuminare le zone buie della realtà, per aiutare il cittadino e per difenderlo”. Così, memore di questa missione, inseguo coloro che ricercano la buona informazione per portarla a coloro che non vi hanno accesso, combattendo la resistenza di interessi potenti.