Ho cominciato a frequentare da vicino la Cgil all’epoca di Cofferati (Circo Massimo, correntone, Aprile…). Con Epifani avevo modo di interloquire già quando era segretario della Filis Cgil (informazione, spettacolo, postelegrafonici) in alcuni incontri pubblici in cui mi capitava di esporre (e sottoporgli) il valore della piccola e media editoria, dell’informazione locale, in cooperativa, della radiofonia comunitaria e via elencando. Un mondo condannato a sopravvivere a se stesso in quanto considerato figlio di un dio minore, gli dicevo spesso, relegato ai margini anche del sindacato. Così fui lusingato (oltreché assai interessato) quando Epifani, qualche tempo dopo che ci eravamo rivisti per il Centenario della Cgil, mi consultò e poi mi affidò, complici Fulvio Fammoni (allora segretario nazionale con la delega alla comunicazione) e Tarcisio Tarquini (figura apicale di Rassegna Sindacale), il progetto di dotare la Cgil di un nuovo strumento di Comunicazione, quella che nel 2008 sarebbe diventata RadioArticolo1, la prima web radio del lavoro.
Nei molteplici incontri che precedettero l’avvio delle trasmissioni, conoscendo bene quali sono le forche caudine della comunicazione delle grandi organizzazioni di massa, provai ad alzare l’asticella: niente house organ del quadrato rosso (pur valorizzando i suoi valori, le sue lotte, i suoi uomini), ma voce a tutto tondo del lavoro e del sindacato con una grande apertura alla società civile, niente politici e partiti ma racconto senza confini del mondo dei diritti, dei beni comuni e delle conquiste civili. Il tutto trattato attraverso la mediazione giornalistica, sotto la responsabilità del direttore e della redazione tutta.
Guglielmo, a cui piacque molto la mia proposta di affermare già in testata la scelta di campo (il lavoro primo articolo della nostra Costituzione e fondamento della Repubblica), una volta definito l’assetto economico e societario, dette il via libera: “proviamoci”.
Una scelta di fiducia e libertà consolidatasi negli anni della segreteria di Susanna Camusso: mai una pressione, mai un richiamo, molta consonanza e una certezza: ognuno fa il suo mestiere rispettando prerogative e autonomie. E lo fa, sia il dirigente sindacale quanto il giornalista, nel comune interesse della Confederazione e delle battaglie a favore del mondo del lavoro. Così, anche quando Epifani aveva lasciato il sindacato e di lì a poco era approdato in Parlamento, non ci ha fatto mancare il suo contributo in molte trasmissioni e in tante occasioni di dibattito. Non c’era speciale – sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sullo Statuto dei lavoratori o sugli squilibri della globalizzazione – che non cercassimo Guglielmo. Alzava sempre, nel dieci minuti del suo intervento, il tono della trasmissione. Non “batteva” mai con altri interventi in quanto nel suo contributo esprimeva sempre e comunque un elemento di riflessione in più, una riflessione originale, un approfondimento più avanzato.
Gentile e disponibile, colto e sicuro del suo intuito: anch’io come tanti ho riscontrato in lui una forte personalità, aperta al confronto quanto convinto delle sue decisioni. A lui va il mio saluto e il mio ringraziamento. Ciao Guglielmo.