Tra le voci più qualificate del Festival dell’Economia di Trento, Mariana Mazzucato è un’economista di origine italiana ma residente all’estero dove ha studiato ed è diventata docente di Economia dell’innovazione e del valore pubblico all’University College di Londra (UCL), direttore fondatore dell’Institute for Innovation & Public Purpose. È consulente politico presso i governi di molti paesi del mondo sulla crescita inclusiva e sostenibile guidata dall’innovazione. Ha vinto premi internazionali, tra cui il premio Leontief per aver fatto avanzare le frontiere del pensiero economico, il premio All European Academies Madame de Staël per i valori culturali, e il John von Neumann Award. Autrice di The Entrepreneurial State: Debunking Public Private Sector Myths, Anthem Press The Value of Everything: Making and Taking in the Global Economy, Allen Lane e di recente pubblicazione per Laterza: Missione economia. Una guida per cambiare il capitalismo.
Mariana Mazzucato è stata chiamata dall’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte come consigliera economica e nominata nel 2020 per far parte dell’unità operativa “Piano Colao”; in cui le era stato chiesto di partecipare alla “Fase 2” con l’obiettivo di collaborare alla ricostruzione economica e sociale senza poi sottoscriverne il documento non avendo partecipato di fatto alla sua stesura. In video collegamento la sua relazione portava il titolo: “Missione economia. Un rapporto nuovo tra pubblico e privato” con la moderazione di Pietro Del Soldà, filosofo, saggista e voce conosciuta per il ruolo di conduttore di “Tutta la città ne parla”, in onda ogni giorno sulle frequenze di Rai Radio 3. Il suo intervento ha avuto il merito di spiegare con estrema efficacia quali siano i meccanismi alla base di un vera riforma del sistema economica, capace di affrontare una crisi su scala mondiale nel tentativo di riportare un equilibrio tra impresa, stato e profitto. Non a caso il titolo della sedicesima edizione del festival è “Il ritorno dello stato”.
Pietro Del Soldà nel presentare l’illustre ospite ha spiegato come il libro dell’autrice «riassuma alcuni dei modi teoretici, critici, fondamentali di questa sedicesima edizione del Festival. Mariana Mazzucato è una degli economisti più ascoltati sul tema dell’innovazione e del ripensamento relativo al rapporto pubblico – privato. Costituisce da diversi anni un punto di riferimento per ripensare un’idea di stato che acriticamente ci siamo portati dietro da diversi decenni. Per lo meno a partire dagli anni ‘80. Un’idea di stato minimo nei confronti degli spiriti animali del settore privato che debba intervenire sempre e soltanto al più come facilitatore. Negli ultimi anni, soprattutto dopo la tempesta finanziaria del 2008, ci siamo resi conto come un problem solver di qualcuno che porti aiuto al settore privato in crisi cercando di rimettere insieme i cocci, per poi, di nuovo, lasciare che il mercato fortemente finanziato continui ad agire da solo con questa presenza sullo sfondo, dietro le quinte, di uno stato che a lungo non interferirebbe con le strategie, con le missioni.
Uso questa parola non a caso perché nel titolo del libro di Mariana Mazzucato la missione non è affatto una definizione neutra. Non è un vocabolo tratto dal linguaggio comune ma allude alla capacità strategica di organizzare a lungo termine diversi settori della società pubblici e privati, verso obiettivi comuni, che non possono essere ridotti soltanto alla massimizzazione a corto termine. Missione come parola in contrasto con la malattia del nostro tempo, ovvero il cortotermismo per usare una brutta espressione italiana. L’assunzione del breve termine che condiziona la democrazia, sempre e soltanto a caccia del consenso e schiva dei sondaggi. L’economia altamente finanziarizzata che pensa soltanto ad aumentare i margini del profitto degli azionisti delle grandi imprese, e non invece, a strategie che consentano di mettere grandi quantità di denaro che esiste anche oggi nella crisi dell’economia reale e nel mondo delle imprese per correggere queste storture. Per modificare questa idea acritica che abbiamo ereditato dall’idea thacheriana – reganiana di uno stato minimo che meno interviene meglio è, perché quando interviene fa soltanto danni. Il Festival di Trento ha ospitato dibattiti che si sono occupati di questo tema.
Il libro di Mariana Mazzucato è una guida per cambiare la politica e per restituire all’istanza pubblica e al potere politico il suo ruolo naturale, quello di determinazione dei fini comuni – ha concluso Pietro Del Soldà – a partire dai quali deve essere poi organizzata l’attività economica e il settore privato e ogni attività umana»
Mariana Mazzucato riprendendo il concetto di cortotermismo che implica la ricerca di un consenso a breve termine come idea acritica dei problemi. «Nel mio libro oltre a citare il dibattito che verte intorno all’ostacolo di che tipo di stato e di che tipo di mercato bisogna dividere e differenziare, mi occupo anche del rapporto tra il pubblico e il privato. Dimentichiamoci della dicotomia dello stato – economia. Ora le sfide sociali sono più complesse rispetto ad andare sulla Luna. Gli Stati devono ridefinire del tutto i mercati, avere delle skill nuove. Serve una cultura organizzativa che sappia rispondere alle sfide di oggi. La Nasa, per esempio, si è posta e si pone delle domande su temi difficili: andare sulla Luna per noi è come lavorare per modificare il cambiamento climatico. L’idea di mettere cerotti dando contributi a pioggia non serve a metterci nella giusta direzione. Il Covid ci ha fatto capire quanto fossimo impreparati a livello mondiale. Mancavano i dispositivi sanitari ad esempio. Non è stato facile governare la crisi, i vaccini ora ci sono ma l’80% della popolazione mondiale non si potrà comunque vaccinare. Credo che la sospensione dei brevetti, anche sui vaccini, ora sia necessaria. La crisi del Covid è arrivata dopo varie crisi economiche: ma nonostante tutto gli appelli di Greta Thunberg sono caduti nel vuoto. Nel mio libro sullo Stato innovatore ho cercato di fare capire che non ci sono ancora livelli di finanziamento adeguati alle imprese, serve una missione pubblica diversa.
Aldilà delle ideologie, occorre capire che tipo di Stato vogliamo, il modo per organizzare le pubbliche istituzioni: sono scelte che influenzeranno il tipo di business. Occorre ricordare che i sindacati ci hanno permesso di abbandonare il periodo barbaro del lavoro, ma anche ora le sfide sociali sono molto impegnative – ha spiegato l’economista – e Internet è stata la soluzione per comunicare ma lo si è inventata per geolocalizzare le navi militari. Una soluzione nata con altre motivazioni, un esempio su come si debba tornare a questo approccio. Si deve cambiare il modo di finanziare il settore privato, con questo modo di agire che non deve essere solo parassitario ma indirizzato alla soluzione dei problemi. Oggi se siamo davvero interessati ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dobbiamo andare veloci. Non ci stiamo avvicinando ai target, ma ci stiamo allontanando. Per la Commissione Europea ho scritto anni fa un report in cui ho detto di smettere di fare elenchi, ma di concentrarci sulla soluzione dei problemi. Ci servono obiettivi specifici.
La soluzione è smettere di dare contributi e sussidi a pioggia. Si devono trasformare le sfide in missioni. In Svezia si sono dati la missione di uno Stato ‘carbon neutral’ e lo hanno fatto partendo dalla qualità dei pasti nelle mense scolastiche. Non ci servono scelte a breve termine da parte degli Stati ma questo cambiamento, purtroppo, non si vede. Ora abbiamo la grande occasione del Recovery Plan: Stati e privati si debbono porre in modo nuovo, ripensando il valore di economia e mercato».