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Il filo di mezzogiorno. Goliarda Sapienza nelle mani di Mario Martone

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La lettura di alcuni frammenti della biografia di Goliarda Sapienza lasciano subito emergere la non ordinarietà della sua esistenza: nata nel 1924 fu libera da ragazza, educata a non lasciarsi influenzare da certe ideologie, sperimentatrice nel mondo della letteratura e del cinema, pubblicata solo postuma – in Italia nel 1969 da Garzanti e, tra gli altri, nel 2019 da La Nave di Teseo -, tormentata da alcuni accadimenti che ne tracciano un profilo inquieto, forse ribelle, forse non compreso. Una persona a tutto tondo dentro le dinamiche della vita.

Se Goliarda è non compresa, a partire da se stessa, offre un’angolatura singolare che Mario Martone, su adattamento di Ippolita di Majo, coglie per realizzare una meritevole regia de Il filo di mezzogiorno.

La protagonista entra in scena nel silenzio del teatro a palco chiuso, aprendosi un varco sul lato sinistro delle pesanti tende rosse, chiave della rappresentazione. Goliarda guarda il suo pubblico con occhi sbarrati e aria corrucciata, in vestaglia da notte; viene dal fondo del teatro, dal mondo della narrazione, della tradizione popolare siciliana. Racconta del suo passato di bambina, momenti della giovinezza alla scuola di teatro, attimi di dolore e terrore.

Bisogna aver pazienza quando si prova a scavare nell’interno e si accavallano tempi e ricordi delle cose accadute ed è necessario compiere un passo successivo, ora sul palco. Qui, in una stanza di appartamento scenograficamente basata sulla divisione in due mezzi campi simmetrici, capaci di distanziarsi, muoversi ora avanti ora indietro e di porsi a diverse altezze, avvengono gli incontri tra Goliarda e lo psicanalista Ignazio Majore.

Gli attori, Donatella Finocchiaro e Roberto De Francesco, usano le due metà della stanza come specchio e come spazi in cui porsi per allontanarsi o raggiungere diversi piani del confronto e del racconto; seduta dopo seduta, entrambi sperimentano un dialogo di crescita e di scontro, un metodo per ritrovarsi e perdersi, e soprattutto per provare emozioni e scovare ricordi. Finocchiaro si dimostra un’attrice intensa e capace di trasmettere al pubblico una Goliarda autentica. Tutto lo spettacolo appare bilanciato, sicuro.

Un plauso a Andrée Ruth Shammah che apre la stagione del teatro con un saluto alla platea e compie un rito collettivo di richiamo all’arte e alla vita, tanto più necessario in un tempo come il nostro in cui è imperativo scegliere di non rinunciare.

 

Teatro Franco Parenti Milano, 1-6 giugno 2021

Il filo di mezzogiorno

di Goliarda Sapienza

adattamento Ippolita di Majo

regia Mario Martone

con Donatella Finocchiaro, Roberto De Francesco

scene Carmine Guarino

costumi Ortensia De Francesco

luci Cesare Accetta

 

produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Teatro di Roma – Teatro Nazionale / Teatro Stabile di Catania

un ringraziamento a Mario Tronco per aver musicato il canto dei pescatori delle isole Eolie


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