Quindici anni senza Enzo Siciliano si fanno sentire eccome. Ci manca, infatti, uno dei più brillanti scrittori della seconda metà del Novecento, capace di conquistare tutti e tre i principali premi letterari del nostro Paese, un drammaturgo di valore, un grande presidente della RAI, uno scopritore di talenti, sempre pronto a valorizzare i giovani, e, più che mai, un uomo profondamente perbene. Ci manca quel sio stile colto ma mai borioso, quel suo essere pasoliniano dentro, quel suo continuo e intenso cercare, la sua tensione morale e la sua passione civile. Ci mancano i suoi pensieri lunghe e le sue parole appropriate, ci manca la sua delicatezza, ci mancano i suoi guizzi e la sua profonda arguzia. Ci mancano persino i suoi errori, qualcuno ne ha commesso anche lui, perché erano sempre e comunque in buona fede.
Enzo Siciliano è vissuto solo settantadue anni ma ci ha lasciato comunque un’eredità di tutto rispetto. Ha amato la cultura in ogni sua forma, ha guidato il servizio pubblico nella sua ultima, vera stagione di gloria, ha diretto con rara maestria la rivista “Nuovi Argomenti” e, come detto, ha lanciato tanti giovani che negli anni si sono poi affermati come autori di altissimo livello. Non si è mai sottratto al confronto; anzi, ha sempre amato confrontarsi con chiunque e non ha mai avuto paura delle capacità altrui, esaltando la competenza del prossimo e imparando fino alla fine, pur essendo ormai un riconosciuto maestro.
Siciliano insegnava e imparava al tempo stesso, donava e riceveva, con una grinta che oggi temiamo sia andata perduta. Non ha mai smesso di inseguire i propri sogni, di far vivere i propri personaggi, di confrontarsi col pubblico e di rispettare sinceramente il prossimo, guadagnandosi la stima di tutti e dando sempre l’impressione di essere una persona accogliente.
Quindici anni e, per dirla con Pasolini, abbiamo davanti a noi tutto ciò che abbiamo conquistato ma è sempre più difficile fare il conto di tutto ciò che, in questi anni, abbiamo perso.
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