Mentre la prigionia di Patrick Zaki marca il 500esimo giorno, il Comitato per la protezione dei giornalisti e la Federazione internazionale dei giornalisti denunciano l’ennesimo arresto con accuse infondate di terrorismo, le stesse che le autorità egiziane hanno formulato a carico dello studente dell’università di Bologna divenuto simbolo delle violazioni dei diritti in Egitto.
A finire in carcere lo scorso 21 maggio il giornalista in pensione Tawfik Ghanem, ex direttore regionale dell’agenzia di stampa turca Anadolu, che ha lasciato nel 2015. Ghanem è stato prelevato con la forza dalla sua abitazione, perquisita e messa a soqquadro. Gli agenti hanno sequestrato il suo telefono e il laptop. Portato in un luogo non notificato agli avvocati, il giornalista sessantacinquenne è stato interrogato sulla sua precedente attività giornalistica, sulle sue opinioni politiche e sui metodi di raccolta delle informazioni.
I legali e la famiglia hanno avuto sue notizie solo il 26 maggio, quando le autorità giudiziarie hanno annunciato di aver disposto nei suoi confronti una custodia cautelare per un periodo di 15 giorni. La sua detenzione può essere rinnovata automaticamente ogni due settimane fino a quando non viene portato in tribunale o rilasciato.
Tawfik Ghanem soffre di diabete e necessita di cure giornaliere. Secondo la sua famiglia, non si sa dove si trovi Ghanem e temono che non abbia accesso alle sue medicine con un conseguente aggravamento delle sue condizioni.
Il segretario generale dell’IFJ, Anthony Bellanger, ha chiesto con una comunicazione ufficiale l’immediato rilascio del giornalista e, nel frattempo, che sia fatto di tutto per garantire che riceva le cure necessarie per preservare la sua salute.
Articolo 21, oltre a denunciare che l’arresto di Ghanem come di tanti altri innocenti, non è altro che una intollerabile detenzione arbitraria, una grave violazione della libertà di stampa e dei diritti umani, continua a sostenere la campagna per la liberazione di Patrick Zaki e tutti gli altri prigionieri accusati di reati infondati.
Ciò che sta avvenendo in Egitto è del tutto illegale. Arrestano chiunque. E chiunque, in Italia e in Europa, fa finta di non vedere è complice del regime del presidente Al Sisi.