Continua la repressione in Birmania, oggi mobilitazione in rete

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Birmania: 7 giugno 2021, la repressione non accenna a diminuire. 849 persone innocenti uccise, 5817 in carcere, 1936 mandati di arresto nei confronti di una lunga lista di oppositori, molti dei quali giornalisti, scrittori, attivisti e attiviste. Tutta la leadership sindacale è stata inclusa in una lista di mandati di arresto. Ora stanno tutti operando in clandestinità.

Dal 29 maggio 2021, il regime militare ha bloccato tutte le strade di accesso, al piccolo Stato Kayak, già da più di una settimana e ha interrotto le comunicazioni, l’energia elettrica dentro e intorno alla città di Demoso. Un terzo della popolazione totale dello Stato, 300.000 abitanti è stata sfollata con la forza e ha un disperato bisogno di cibo, acqua e medicine. Finora, a nessuna organizzazione è stato permesso di portare cibo-medicinali. A dicembre 2019, in molti degli Stati etnici, a causa dei conflitti tra l’esercito e le armate etniche, vi erano già 450.000 rifugiati interni. Oggi, dopo il golpe con quasi 75 conflitti negli stati Kachin, Karen e Shan settentrionale, il numero di sfollati interni è aumentato di oltre 34.600. Nel Kachin i militari usano civili come scudi umani, come nel caso della township di Putao. Complessivamente, a causa degli scioperi e del boicottaggio posto in atto dai lavoratori e dalle lavoratrici birmane, si è registrato un crollo catastrofico dell’economia e una massiccia perdita di posti di lavoro sia nel settore formale che in quello informale”. Sono oltre 150.000 le insegnanti licenziate, 500.000 gli edili che hanno perso il lavoro, 150.000 le lavoratrici del settore moda, per non parlare poi degli altri settori, come il settore ferroviario, l’elettrico etc. Nelle campagne i contadini non riescono a portare ai mercati i loro prodotti, per il blocco dei trasporti e la paura di essere arrestati, ma sono anche strozzati dai debiti verso gli intermediari. L’UNDP ha dichiarato che fino a 12 milioni di persone potrebbero ora essere spinte nella povertà e che a breve in totale 25 milioni di persone, quasi la metà dei 54 milioni di abitanti del Myanmar saranno in povertà assoluta. Già con il Covid19 i redditi dell’83% delle famiglie si erano dimezzati, cancellando la crescita economica che si era registrata negli ultimi anni.
La totale instabilità del paese e gli effetti sulla regione ha portato ad una accelerazione delle azioni diplomatiche. Nell’ultima settimana L’OMS ha rifiutato la partecipazione della delegazione militare alla Conferenza annuale, lo stesso ha fatto, dopo molte discussioni anche l’ILO, che ha rifiutato le credenziali sia della delegazione militare che quella tripartita presentata dal National Unity Government, al cui interno vi era U Maung Maung, Presidente della confederazione sindacale e ex membro del Consiglio di Amministrazione dell’ILO.
Molte novità si registrano a livello asiatico. L’ASEAN, profondamente spaccata per le posizioni sfacciatamente pro giunta di Singapore e Tailandia, ha fatto blocco contro una risoluzione presentata all’Assemblea Generale ONU dal Liechtenstein, che prevedeva l’introduzione di un embargo sulle armi. Ma il conflitto è anche su chi dovrebbero essere l’inviato (o gli inviati) ASEAN per l’attuazione dell’accordo in 5 punti, approvato dal vertice di questa organizzazione il 24 aprile scorso. Un accordo fatto con la giunta senza ascoltare l’opposizione democratica. E non tenendo conto delle forti critiche su questo punto, in vista del vertice Cina Asean apertosi ieri a Quonquin, una delegazione ASEAN è arrivata a Naypidaw, la capitale birmana, ed ha incontrato il Generale Min Aung Hlaing. Nonostante il crescere dei conflitti negli stati etnici, e le resistenze della popolazione, secondo alcune fonti, il Generale, ritiene di avere un maggior controllo del paese tanto da accettare sia l’incontro con il presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa, che ha sollecitato la ripresa delle visite in carcere da parte del personale della Croce Rossa e di una maggiore assistenza umanitaria nelle zone di conflitto, che con l’Asean.

Uno dei punti su cui la giunta sta lavorando, riguarda la convocazione di nuove elezioni da tenersi dopo la “normalizzazione”. Infatti i piani stanno andando avanti in tal senso con il cambiamento della commissione elettorale, il cui nuovo capo ora è stato l’artefice delle elezioni truccate del 2011; la proposta di cancellare il partito dell’NLD e la definizione di una nuova legge elettorale, che favorirebbe il partito dei militari. Così la giunta riuscirebbe a legalizzare agli occhi del mondo il proprio potere. Stile Tailandia. Su questo tema uno scivolone del Rappresentante speciale della UE Borrell, non fa ben sperare. In un importante incontro a Giacarta giovedì scorso, parlando con il rappresentante del Myanmar all’ASEAN, Borrell ha raccomandato di “interrompere la repressione e di tornare a comportamenti politici normali attraverso elezioni libere ed eque”. Un lapsus, molto imbarazzante, che sconfesserebbe tutte le dichiarazioni fin qui fatte sulla validità delle elezioni del novembre 2020. Un lapsus cancellato velocemente, il giorno dopo con il suo intervento ufficiale nel quale si ribadisce che solo: “ una soluzione inclusiva che tenga conto della volontà delle persone e di tutte le comunità etniche del Myanmar può allontanare il Myanmar dalla spirale del conflitto e riportarlo sulla via della transizione democratica e dello sviluppo sostenibile.”
Da ieri inoltre si è aperto a Chongqing, il vertice Cina–Asean che affronterà tra le priorità anche il problema Myanmar. In preparazione del vertice, l’ambasciatore cinese a Naypidaw, Chen, ha tenuto diversi incontri informali e segreti con i leader della giunta prima dei colloqui formali di sabato a Naypyidaw
I giornali sotto il controllo militare hanno affermato domenica che gli incontri si sono concentrati sulla “cooperazione bilaterale”, sulla “stabilità” lungo il confine, che si estende per oltre 2.000 chilometri e sulla presenza dei numerosi gruppi armati delle minoranze etniche lungo tale confine. Dall’altra parte della barricata il governo di unità nazionale NUG ha iniziato il lavoro per la riscrittura della costituzione democratica e federale sulla base del lavoro sino ad oggi fatto e in piena consultazione con gli etnici. Il governo ha anche approvato un documento che impegna il NUG a rivedere la legge sulla cittadinanza, in modo da consentire ai Rohingya di diventare cittadini birmani e a superare il riconoscimento su base etnica, confermando la strategia adottata dalla Commissione Kofi Annan sui gravissimi problemi affrontati dagli etnici in particolare dai Rakhine e Rohingya. Due iniziative fondamentali se si rispetterà l’impegno alla piena partecipazione ai processi decisionali delle minoranze etniche. Da domani sicuramente la partita politica sarà più sfidante e vedrà enormi pressioni da parte della Cina e dell’Asean per un accordo che superi la profonda instabilità che si sta registrando nella regione. Bisognerà vedere chi si schiera con chi. Sia sul punto di mediazione possibile con i militari (nuove elezioni farsa?), che alla Assemblea Generale ONU per il riconoscimento delle credenziali del legittimo governo del popolo birmano e non di quelle della giunta. Ora il gioco si fa serio e anche l’opposizione democratica dovrà attrezzarsi per evitare gli errori commessi nella passata dittatura che hanno ritardato di anni il crollo di quella dittatura.
Questa sera ore 18 su Zoom (zoom ID 854 4206 0642) Italia-Birmania.Insieme e Psichiatria Democratica organizzano un incontro sulla situazione birmana, e sugli sviluppi. Una serie di personalità italiane ne discuteranno con i rappresentanti del popolo Kachin, la Presidente del Sindacato industriale birmano per capire quale strategia in questa nuova fase politica e nel perdurare della repressione, degli arresti e delle uccisioni.

(Nella foto la locandina della manifestazione di oggi pomeriggio che si tiene su piattaforma)


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