All’entrata dell’aula magna dell’Università del Piemonte Orientale di Novara, trasformata in aula per le udienze del processo Eternit Bis contro l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, patron di Eternit, accusato di omicidio volontario con dolo eventuale per la morte di 392 casalesi morti a causa dell’esposizione all’amianto prodotto nello stabilimento, mercoledì 9 giugno 2021, ci sono tutte le generazioni di una comunità che non si arrende, quella di Casale Monferrato. Non si arrende all’ingiustizia ambientale determinata dall’inquinamento di amianto che ha causato migliaia di vittime, ma anche a una macchina della giustizia che, in punta di diritto, nel 2014 ha prescritto il reato di disastro innominato nel primo processo Eternit, imbastito allora dalla Procura della Repubblica di Torino, guidata da Raffaele Guariniello.
Non si arrendono i ragazzi e dalle ragazze delle scuole che hanno piazzato in bella vista il loro striscione, “Noi ci siamo di testa, di cuore, di coscienza”, i rappresentanti dell’Associazione Familiari e Vittime dell’Amianto (Afeva), con la presidente Giuliana Busto e le bandiere “Eternit: Giustizia!”, gli attivisti di Legambiente e dei sindacati, al sindaco Federico Riboldi con i principali rappresentanti dell’attuale giunta casalese e ai sindaci del Monferrato. Ricordiamo uno dei 60 Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche ambientali per lo Stato Italiano.
L’amianto, utilizzato per ogni tipo di manufatto per oltre 50 anni, messo al bando nel 1992 in Italia, con la legge 257, solo nella cittadina piemontese ha causato migliaia di morti. Le fibre inalate provocano il mesotelioma, tumore raro che ha una latenza lunghissima. Dal momento dell’inalazione possono passare oltre 20 anni dalla sua manifestazione.
“Oggi chi muore a Casale di mesotelioma non sono più gli ex-operai della fabbrica, ma i cittadine e le cittadine tra i 50 e 60 anni che hanno respirato il polverino bianco che avvolgeva la città, ignari, da bambini”, sottolinea Giuliana Busto, presidente dell’Afeva, a Cittadini Reattivi. Ma se Casale Monferrato ha quasi vinto la battaglia contro la fibra killer bonificando l’intera città e candidandosi ad essere la prima città amianto-free d’Italia e d’Europa, “ma anche del mondo” come ha dichiarato il sindaco di Casale Monferrato, Federico Riboldi, si continua ad ammalarsi e morire, almeno 50 le vittime ogni anno.
Eppure la giustizia nelle aule di tribunale, in Piemonte, come altrove, non è ancora arrivata. “Dopo la grande batosta della Cassazione con la prescrizione del 2014 e lo spezzettamento del processo Eternit Bis in vari tronconi, nel 2016, oggi siamo ancora qui, dopo sette anni, non stanchi ma rigenerati e pieni di speranza. Siamo tornati con ancora più carica, per ottenere giustizia, per essere voce di chi non l’ha più”, afferma Giuliana Busto.
Uno spirito pacifico, ma risoluto, quello dei monferrini che non perde smalto, come ci conferma Nicola Pondrano, principale teste dell’accusa, sindacalista della Cgil che iniziò proprio dentro la fabbrica Eternit 47 anni fa la lotta contro la fibra killer. Lo stabilimento di Casale Monferrato era la più grande fabbrica di cemento-amianto d’Europa. Operativa fino al 1986, aveva anche delle succursali a Rubiera, Bagnoli e Cavagnolo.
“In questi altri quattro anni di attesa abbiamo contato altre 220 vittime solo nella nostra città. Come si può non perseguire un impegno maggiore per chiudere la ferita della sentenza scandalosa di prescrizione della Corte di Cassazione del 19 novembre 2014. Dove 6.000 parti lese sono state cancellate con un colpo di spugna?”, domanda Pondrano. “Come può essere prescritto un reato se muoiono ancora 50 persone all’anno? Il legislatore deve mettere rimedio alle migliaia morti silenziose di questi anni, con risarcimenti congrui. Oltre che con investimenti nella ricerca per un tumore raro come il mesotelioma, esattamente come si è fatto per il Covid-19”.
Domande non retoriche a cui dovrà in qualche modo rispondere anche l’esito di questo processo “Eternit bis”. “Questa dovrebbe essere l’occasione per ri-affermare la giustizia per le vittime e i loro familiari, il diritto è scattato, finora solo a difesa dell’imputato”, afferma Bruno Pesce, storico componente di Afeva.
Un dramma che non riguarda solamente la comunità monferrina ma tutto il resto d’Italia: sono stimate in oltre 3.000 le vittime ogni anno a causa del mesotelioma e delle malattie asbesto-correlate e sono centinaia di migliaia i siti pubblici e privati ancora contaminati. Tra cui case, scuole e caserme, almeno 370 mila edifici in tutta Italia.
La prossima udienza, sempre a porte chiuse a causa dell’emergenza covid, a cui sarà ammessa la stampa, si terrà il 5 luglio. La Corte si pronuncerà sulla richiesta di inammissibilità delle parti civili sollevate dalla difesa di Stephan Schmidheiny, tra cui lo stesso Stato Italiano, costituitosi nella figura del presidente del Consiglio.
Conclude la presidente di Afeva, Giuliana Busto: “La prima cosa che ho fatto questa mattina è stata buttare via la vecchia bandiera impolverata “Eternit: Giustizia!” e prenderne una nuova. Proprio per ridare un senso di rinascita e speranza a questo nuovo inizio”.
E la rivincita di Casale Monferrato passa proprio da qui.
(Nella foto il cartellone degli studenti di Casale Monferrato)