BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Campo a due: quando le generazioni si parlano

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In “Campo a due” Maria Rosa Cutrufelli cita un racconto di Anna Banti del 1948 intitolato “Le donne muoiono”, in cui l’autrice si domanda perché le donne scompaiano dalla Storia mentre gli uomini no. La sua risposta è che alle donne manca la “seconda memoria”, ossia la memoria storica, quella che si trasmette di padre in figlio: le donne non hanno dunque una genealogia femminile , “il racconto di sé nel tempo storico”. Restituire alle donne la memoria di sé è stato ed è uno dei principali obiettivi dell’impegno personale e  dell’ampio lavoro di scrittura di Maria Rosa Cutrufelli  e fare memoria, fare genealogia, gettare ponti fra generazioni è anche lo scopo di un libro come “ Campo a due”, lungo dialogo fra due donne di generazioni diverse. Il libro ha una struttura composita, è costituito da una intervista di Serena Todesco a Maria Rosa  Cutrufelli, due Diari in cui Todesco si racconta, un’appendice e un prezioso corredo di note che restituiscono brevi biografie e bibliografia essenziale di figure e scrittrici importanti del femminismo. Sono due donne di generazioni diverse, una giovane,  Serena, e una più matura, Maria Rosa,  che hanno in comune l’origine siciliana e esperienze di nomadismo, per entrambe è importante la dimensione del viaggio ed è fondamentale la pratica politica femminista.

Nella prima parte del dialogo Cutrufelli racconta la sua infanzia tra Messina, dove è nata, Firenze, città materna e Graniti, il paese del padre vicino a Taormina; ricorda il padre socialista vecchio stampo e militante, la madre colta e emancipata, la nonna  vera cummanera nella famiglia paterna, l’interesse per i libri e l’importanza della narrazione che le viene presto trasmessa in famiglia. In quinta elementare si trasferisce a Bologna dove all’epoca , nonostante la differenza di ambiente e di cultura, gli stereotipi sull’educazione e sui rapporti tra i ragazzi e le ragazze sono sostanzialmente simili al Sud. Qui si laurea in Lettere e vive il Sessantotto nel suo primo gruppo politico misto , Spartaco, dal quale ad un certo punto i maschi vengono espulsi “Il Sessantotto per loro  era una rivolta contro i padri, per noi fu una rivolta  contro i coetanei. Contro i fratelli…”. Il nuovo gruppo, di matrice marxista, assume il nome di Lotta Femminista e poi di  Gruppo del salario al lavoro domestico; il collettivo faceva parte di una rete internazionale, con gruppi in diverse città ed era indipendente dai partiti.  Cutrufelli accenna a quando in seguito il femminismo contagiò tutte le formazioni politiche, da Lotta Continua a Potere Operaio  e al PCI e allora si aprì una nuova parentesi. Ci fu poi  per Cutrufelli la scelta importante del ritorno in Sicilia, a Gela, dove visse un’intensa esperienza di militanza nel gruppo di Lotta Femminista di Gela, che intesseva rapporti  coi gruppi di Catania, di Palermo  e con collettivi diversi di altre città, perché , a differenza di quanto si crede oggi magari da parte di persone più giovani, non c’era allora una omogeneità, ma una notevole varietà di gruppi . Cutrufelli ci tiene molto a sottolineare quali fossero i cardini che reggevano la politica di quei gruppi: l’autocoscienza e il separatismo. “Il separatismo ci sembrava necessario per rafforzare la nostra autostima e prendere parola “a partire da noi”… L’autocoscienza … ci faceva comprendere come i problemi dell’una fossero anche quelli dell’altra  e che ciò che era “personale”,  era spesso politico … Era un parlare di noi stesse che a volte poteva diventare selvaggio, ma non era mai un mero sfogo, era un modo nuovo di affrontare il mondo. Non più da sole, ma con le altre”. Alcuni gruppi di allora, come il suo, erano interclassisti, in alcune zone della Sicilia a quel tempo c’era una classe operaia femminile e le femministe riuscivano in alcune situazioni a confrontarsi con le operaie sui temi del lavoro, ma anche a parlare di divorzio e di aborto in prossimità di quelle importanti battaglie. Questa esperienza, insieme al lavoro di giornalista per “Noi donne”,  è stata fondamentale per le opere di saggistica che Cutrufelli scriverà negli anni Settanta : Disoccupata con onore (1975), Operaie senza fabbrica (1977), Economia e politica dei sentimenti(1980). Così come è stata fondamentale la lettura dei Cahiers delle femministe francesi,  dei libri delle americane, Friedan, Millet, Firestone,Rowbotham  e del mitico Our Bodies, Ourselves del gruppo di Boston. Allora in Italia si pubblicavano libri sulle lotte di emancipazione, non testi che provenivano dal movimento femminista. Cutrufelli cita con gratitudine i primi libri scritti sulle donne da giornaliste come Gabriella Parca, Carla Ravaioli, Brunella Gasperini. C’erano comunque in circolazione libretti  dei gruppi femministi, numeri monografici, scritti collettivi che venivano scambiati e servivano a animare il dibattito. Dai contributi del guppo Demau, all’evoluzione dell’Udi, all’ulteriore consapevolezza della differenza portata da Carla Lonzi e da Rivolta Femminile viene ripercorso il cammino del movimento delle donne:  dalla fine degli anni Sessanta ai cambiamenti che intervengono dopo il ’76- 77 fino al femminismo diffuso degli anni Ottanta tutto viene toccato nel dialogo fra le due scrittrici. Ma proprio in concomitanza con l’evoluzione del femminismo tra i Settanta e gli Ottanta e quando il lesbismo entra a far parte del discorso politico, identitario  e culturale si colloca un evento fondamentale nell’esperienza di Cutrufelli: il viaggio o meglio il trasferimento in Africa, cui seguirà a distanza di anni un secondo viaggio di un anno.  Qui avrà occasione di confrontarsi con il Sud più a Sud del suo e dall’esperienza nasceranno “Donna perché piangi?Imperialismo e condizione femminile nell’Africa nera”  (1976) e molto dopo “ Mama Africa” (1993). Scrivere dell’Africa non era facile,ricorda la scrittrice, significava sempre essere lo “sguardo dell’Altro. O dell’Altra”; era un mettersi alla prova, tanto più che allora erano argomenti praticamente inesistenti per il femminismo e  non solo per quello italiano. Fu “una sfida appassionante, ma piena di ombre insidiose e di trabocchetti”. Gli anni Settanta furono per Cutrufelli gli  anni in cui l’esperienza dei Sud (Sicilia, Africa) e la militanza femminista nutrirono una scrittura saggistica. La scrittrice ricorda come la generazione del Sessantotto ritenesse frivoli i romanzi e in quella temperie mise da parte la sua voglia di narrazione e si convertì alla saggistica, considerata molto più “seria” : ci volle del tempo perché tornasse alla sua primaria vocazione narrativa. Fu tuttavia un periodo caratterizzato da una vasta produzione in cui  oltre al già citato argomento dell’Africa,  la scrittrice si confrontava con temi storici, economici, sociali come l’arretratezza del  Mezzogiorno, il lavoro domestico come riproduzione di forza lavoro necessaria al sistema, “i miti e le tecniche”  dello sfruttamento femminile nel patriarcato, affrontando e anticipando argomenti che ancora oggi impegnano il movimento. La sua costante militanza e l’instancabile lavoro di scrittura la portarono all’esperienza della rivista “Tuttestorie” che  Cutrufelli realizzò insieme a Marisa Rusconi e Rosaria Guacci  tra il marzo 1990 e il maggio 2001, in un clima culturale che consentiva di intrecciare temi e opinioni in una rivista diretta dalle donne, ma aperta al confronto con gli uomini. Il dialogo tra le due scrittrici affronta anche il passaggio degli anni Ottanta, periodo fecondo per il femminismo  e nel segno di un ritorno alla narrativa per  Cutrufelli. Vasta e diversificata la sua produzione fino all’ultimo romanzo di fantascienza del 2020 “L’isola delle madri”.  Il discorso  si addentra anche nel laboratorio di scrittura e ci rivela alcuni passaggi importanti del suo percorso di scrittrice: il ruolo dell’esperienza giornalistica che è servita a “tenere snodato il polso”,  la necessità per una donna che scrive di liberarsi di un certo pudore, la ricerca di una tecnica di scrittura; Cutrufelli confessa:  “La letteratura mi ha messo a confronto con le possibilità dell’immaginazione e con quelle del linguaggio, ma non per questo mi ha fatto sentire più libera … La scrittura non ti libera mai, ti propone sempre delle “forme” a cui ubbidire. E’ una tecnologia e, come tutte le tecnologie, tende a ingabbiarti … la fantasia devi seguirla ma anche organizzarla se vuoi renderla comunicabile.” L’analisi dei numerosi romanzi, che spaziano tra diversi generi, si addentra fino a ricercare il messaggio che traspare  da tutto il suo lavoro di scrittrice e Cutrufelli rivela che chi scrive racconta sempre le sue ossessioni e che le sue sono due “il fatto di essere donna e il fatto di essere meridionale”.   Se è vero che è proprio dell’animo umano assumere varie maschere e modi di essere, se lei stessa ha praticato un pendolarismo dell’identità nel suo praticare un nomadismo nel suo viaggiare, nel suo  vissuto personale e di lettrice, la sua ossessione di fondo, conclude, è  appartenersi.

Tutto il dialogo è condotto  con competenza ed efficacia da Serena Todesco che attraverso i due Diari giustappone a quella di Cutrufelli la sua storia di bambina degli anni Ottanta e poi di ragazza e studentessa tra i Novanta e gli anni Duemila a Bologna. Qui matura la sua identità personale e culturale ed elabora un’idea di Sud globale attraverso la lettura di testi di scrittrici straniere come Margret Atwood, Octavia Butler, Maxine Hong Kingston. Da allora la letteratura per lei è diventata “ e rimane, un viatico irrinunciabile per capire e smontare le innumerevoli opacità di quel (suo) strategico posizionarsi sul limen tra i luoghi, le identità, le relazioni.”

Non viene trascurato nel discorso il panorama variegato dei gruppi femministi di oggi, che tuttavia hanno saputo saldarsi in grandi mobilitazioni internazionali in alcune circostanze prima della pandemia. Si accenna alle attuali lotte di libertà, contro la violenza di genere, l’omofobia, le divergenze intorno al tema della GPA ( gravidanza per altri), situazioni intorno alle quali sarà proficuo mantenere il dialogo intergenerazionale. Nonostante le molte difficoltà che le giovani devono affrontare in questo tempo  Serena Todesco assume la statua della Fearless Girl che fronteggia il Toro di Wall Street come l’immagine della sua differenza “la gioia di sentirmi libera e liberata, con la consapevolezza di avere alle spalle una genealogia di donne che avevano individuato e riforgiato una critica delle disparità economiche, sociali, culturali, ma anche un modo diverso di stare al mondo”. La stessa Cutrufelli conclude con una nota di ottimismo: “ io ho fiducia … nella forza delle donne. Nonostante le battute d’arresto, non siamo più il “secondo sesso”, non siamo più subalterne per definizione. E questo aiuta a vivere il presente e a immaginare un futuro diverso”.

Serena Todesco, Campo a due. Dialogo con Maria Rosa Cutrufelli, Giulio Perrone Editore, 2021.


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