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Berlusconi non si fa da parte

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Salvini, Meloni, Toti. In molti sono rimasti e resteranno delusi. Silvio Berlusconi, con un ruolo centrale anche nella fase del tramonto, non si farà da parte, non lascerà la politica. Il segnale è arrivato forte e chiaro dal presidente di Forza Italia e fondatore della Fininvest.

Ha annunciato in una riunione Zoom con i vertici del suo partito: «Per i medici sto meglio. Devo fare ancora qualche giorno a casa e poi potrò finalmente uscire…sono di nuovo in campo».

Dopo il lungo ricovero a causa del Coronavirus e il ritorno a casa in precarie condizioni di salute, molti l’avevano dato addirittura per morto. Ma non è così: nonostante precedenti delicati interventi chirurgici al cuore e l’età avanzata di 84 anni, il Cavaliere ha ricominciato a tessere i fili della politica anche se per ora da casa, dalla sua villa di Arcore. Ha galvanizzato i suoi (i sondaggi elettorali «ci danno al 9,5%»), ha giudicato «ottimi» i rapporti con Salvini e ha temporeggiato sulla proposta di costruire una federazione del centro-destra lanciata dal segretario della Lega («Non diciamo di no: ne parleremo nella sedi dedicate del partito»).

L’ex presidente del Consiglio vuole evitare lo sbandamento di Forza Italia dietro le spallate delle lacerazioni interne e le sirene degli alleati di centro-destra. In una intervista a Il Giornale, il quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi, ha lanciato soprattutto due messaggi: 1) è fallimentare l’operazione scissionista di Forza Italia realizzata da Toti e Brugnaro con il varo di ‘Coraggio Italia’ («Tutti i tentativi di frammentazione hanno avuto vita breve e nessuna prospettiva politica»); 2) c’è il suo pieno sostegno al governo di unità nazionale presieduto da Mario Draghi con il quale ha ottimi rapporti (l’esecutivo durerà «fino a quando l’emergenza non potrà dirsi davvero superata»).

Il presidente di Forza Italia recupera spazio politico intervenendo sul programma e sull’azione del governo. Prima di tutto boccia il disegno di legge Zan sull’omotransfobia: «Da liberale penso sia una grave errore» perché la parità dei diritti deve riguardare «tutti i cittadini, non determinate categorie in particolare». Quindi propone una riforma fiscale tagliando drasticamente le tasse per far ripartire l’economia e l’occupazione. La ricetta è la riduzione delle aliquote Irpef da cinque a tre: esenzione fiscale fino a 12.000 euro di reddito l’anno, una imposta al 15% fino a 25.000 euro, al 23% fino a 65.000 e al 33% oltre i 65.000.

Prudenza sull’omotransfobia e audacia sulle tasse sono due temi centrali per rassicurare e conquistare gli elettori moderati. Toti, Salvini e Meloni, alleati del centro-destra cercano di dare una spallata a Forza Italia disorientata per la lunga assenza di Berlusconi dal ponte di comando, causata dalla malattia. Cercano di ridisegnare a loro vantaggio i rapporti di forza considerando ormai Forza Italia, in picchiata nei sondaggi elettorali, come un partito a perdere.

Giorgia Meloni (in ascesa) e Matteo Salvini (in discesa) si contendono la leadership del centro-destra un tempo saldamente nelle mani del Cavaliere (con il Pdl arrivò a conquistare il 38% dei voti). Sia la presidente di Fratelli d’Italia sia il segretario della Lega trattano con rispetto Berlusconi ma ormai lo ritengono quasi un pensionato fuori gioco.

Berlusconi, però, non si fa da parte. Non pensa a un suo pensionamento. Si riserva un ruolo di ago della bilancia nel nuovo centro-destra. Ai due contendenti fa un discorso realistico: il bastone del comando e la candidatura alla presidenza del Consiglio per la coalizione spetterà a chi guadagnerà «più voti» nelle elezioni politiche. Punto.


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