“Ho conquistato il mondo, ma non c’è una sola parte di esso che sia sicura. Ho mostrato la libertà al popolo, e il popolo fugge come fosse una malattia. Disprezzo quelli in cui posso riporre fiducia, e amo quelli che più di ogni altro si affretterebbero a tradirmi. Non so dove siamo diretti, nonostante stia guidando una nazione verso il suo destino”. Gaio Giulio Cesare.
In libreria dal 10 giugno, con Fazi Editore, per la collana Le strade, il ritorno di un capolavoro della letteratura americana firmato da John Edward Williams (1922-1994), l’autore di “Nothing but the night” (1948), di Butcher’s crossing (1960) e di “Stoner” (1965): “Augustus”, del 1972, con il quale l’Autore vinse nel 1972 il prestigioso National Book Award. Ottima la traduzione del bravissimo Stefano Tummolini.
E’ la storia, romanzata, dell’ascesa al potere di Ottaviano Augusto (Gaius Octavius Thurinus), il primo imperatore di Roma, ricostruita attraverso una pluralità di fonti: frammenti di lettere, epigrafi, diari. Come dichiarato dallo stesso Autore, alcuni errori contenuti nel romanzo sono voluti; laddove alcuni dati storici erano incompleti o incerti sono stati sottoposti ad una libera ricostruzione, preferendo la suggestione alla coerenza meccanica, così per ciò che attiene ai documenti ivi citati. Molti brani delle lettere di Cicerone sono stati parafrasati, alcuni personaggi addirittura creati.
Ma il risultato è un’opera di grande suggestione e fascinazione. Sin dalle prime pagine si viene catapultati nella Roma degli albori del principato e della fine della Repubblica.
Sono le idi di marzo del 44 a.C. quando il giovane Gaio Ottavio, di appena 19 anni, riceve la notizia della morte di suo zio Giulio Cesare ad opera di un gruppo di venti senatori. Il giovane Ottavio, che da poco era stato adottato da Giulio Cesare, nonché suo erede designato, inizierà così la sua ascesa al potere secondo un percorso che sarà costellato da insidie e tradimenti. Accanto a lui troviamo il fido consigliere Gaio Cilnio Mecenate, l’amico e futuro genero Marco Vipsiano Agrippa, l’opportunista Marco Tullio Cicerone, e soprattutto lei, l’amata, e inquieta, figlia Giulia Maggiore, una donna moderna, alla continua ricerca del piacere.
Un romanzo in cui la storia offre l’occasione per una riflessione sulla condizione umana, sulle lusinghe del potere e sulla solitudine che ne deriva dal suo esercizio.
“…fortunato fu Alessandro, a morire così giovane: perché non ebbe il tempo di comprendere che, se conquistare il mondo è poca cosa, governarlo vale ancora meno… di tutti i ruoli che dovetti interpretare nella vita, quello del dio mortale fu senza dubbio il più sgradevole. Io sono un uomo, debole e sciocco come la maggior parte degli uomini; se ho un vantaggio sui miei simili, è quello di esserne consapevole, e quindi di aver compreso le loro debolezze, senza la presunzione di trovare in me più forza e più saggezza di quanta ne abbia riscontrate negli altri. E questa consapevolezza è stata una delle fonti del mio potere”.
Un racconto corale, affidato alle voci dei diversi protagonisti dell’epoca, che si raccontano, e che raccontano le miserie e i fasti di un’epoca, in una miscela esplosiva di emozioni e di sentimenti contrastanti: odio, amore, tradimenti, lusinghe. Il tutto in un affresco storico mozzafiato! Straordinario l’intreccio dei pensieri di Ottaviano (oramai Augusto) verso sua figlia Giulia Maggiore: “.. per più di quindici anni non volli vederla, né pronunciai il suo nome, né permisi che, in mia presenza, si parlasse di lei. Mi risultava troppo doloroso. E quel silenzio non fu che un’altra delle tante maschere che dovetti indossare”, e di questa verso l’amato Iullo Antonio (figlio di Marco Antonio): “Ancora adesso, dopo tutti questi anni, riesco a sentire il suo gusto dolce amaro, e il calore del suo corpo sodo sotto di me. E’ strano che riesca a farlo, perché so che quella carne è divenuta fumo e si è dispersa nell’aria. Il suo corpo non esiste più, mentre il mio rimane su questa terra. E’ strano pensarlo. Nessun uomo mi ha più toccata, dopo quel pomeriggio. E nessuno mi toccherà finché sarò in vita”.
Augustus è un romanzo a cui l’ Autore era legatissimo; forse il suo vero lavoro autobiografico, come ha ricordato la moglie Nancy Gardner in un’intervista.
Un romanzo capace di immergerci in un mondo di tale complessità, lussuria, cinismo e violenza da sembrare quello in cui viviamo oggi. The New Yorker.