Said aveva 15 anni. Le truppe israeliane gli hanno sparato durante un raid in un villaggio a sud della città occupata di Nablus in Cisgiordania.
Secondo Defense for Children International Palestine, i militari, appostati in un uliveto all’ingresso del villaggio di Odala, hanno colpito Said alla schiena. Due volte.
L’ambulanza chiamata per prestagli soccorso è stata bloccata all’ingresso dell’insediamento, ritardando così i soccorsi.
Said è stato dichiarato morto un quarto d’ora dopo il suo arrivo all’ospedale Rafidia di Nablus. Come lui almeno altri tre ragazzini, il più piccolo aveva solo 10 anni, sono morti nei bombardamenti che dal pomeriggio si riversano su tutta la Striscia di Gaza.
In Palestina siamo di fronte a una recrudescenza di violenze inaudite.
Dopo giorni di scontri e centinaia di feriti sulla Spianata delle Moschee, nella Città Vecchia di Gerusalemme, Israele ha risposto all’ultimatum di Hamas inviando l’esercito nei luoghi ritenuti più sensibili, usando le armi anche contro donne e bambini, e con raid indiscriminati su obiettivi militari e civili. Bombardamenti che si sono intensificati dopo il lancio di razzi da parte del braccio armato di Hamas.
Tutta la Striscia di Gaza è stata colpita e brucia.
Secondo il ministero della Salute palestinese le vittime sono almeno una decina. Per l’esercito israeliano nel bombardamento sono rimasti uccisi ‘solo’ tre militanti di Hamas.
I missili palestinesi hanno causato il ferimento di un uomo israeliano la cui auto è stata investita dall’onda d’urto dell’esplosione di un razzo anti-carro sulla strada al confine con la Striscia.
L’escalation ha preso il via nella serata di oggi al termine dell’ultimatum con il quale Hamas aveva chiesto al governo israeliano di ritirare le truppe dalla Spianata entro le 18 (le 17 in Italia).
Poco dopo l’ora indicata, sono risuonate le sirene di allarme ed è iniziato il lancio dei primi razzi.
A Gerusalemme, nel frattempo, sono stati evacuati il Muro del Pianto e la Knesset, il Parlamento e il tribunale distrettuale dove si era svolta nel pomeriggio l’udienza del processo per corruzione che vede imputato Benjamin Netanyahu. Ma il premier israeliano non era presente in aula.
In serata sulla Spianata delle Moschee, che per gli ebrei è invece il “monte del Tempio” si è sviluppato un grande incendio partito dalla moschea di Al Aqsa, uno sei più importanti luoghi di culto dei musulmani palestinesi.
La tensione era alta dalle prime ore della mattinata e solo quando gli organizzatori della Marcia delle Bandiere hanno deciso di annullare la manifestazione ebraica per il Jerusalem Day sì era tirato un sospiro di sollievo. Il rischio che potesse scatenarsi un massacro era pressoché una certezza.
Nei giorni precedenti sulla Spianata delle Moschee si erano verificati scontri tra la polizia israeliana e alcuni manifestanti. Ma la situazione è trascesa al punto che le forze in tenuta antisommossa hanno fatto irruzione all’interno di Al Aqsa accanendosi contro fedeli inermi che erano all’interno a pregare. Secondo la Mezzaluna Rossa oltre 300 palestinesi sono rimasti feriti, di cui sette in modo grave.
Ma sull’episodio non c’è stata l’attenzione riservata agli scontri di oggi, in occasione della ‘Giornata di Gerusalemme’ per ricordare l’unificazione della città come capitale dello Stato ebraico dopo la conquista della parte orientale nella Guerra dei Sei Giorni nel 1967.
Le violenze esplose nell’ultima settimana sono le più gravi dal 2017.
Le tensioni sono tornate a crescere perché i palestinesi lamentano costrizioni oppressive nonostante il mese sacro musulmano del Ramadan.
Ad alimentare ulteriormente le proteste nei giorni scorsi, la minaccia di sfratto nei confronti di quattro famiglie palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est. La sentenza della Corte Suprema israeliana sul caso, attesa per questa mattina, è stata rinviata su richiesta del procuratore generale Avichai Mandelblit.
La situazione, purtroppo, non può che peggiorare.
Seppure a distanza, su Articolo Ventuno continueremo a informarvi ai tutto ciò che sta accadendo e a dar voce a chi viene silenziato, purtroppo sempre e solo i palestinesi.