Offese sui social a Mattarella, intervista al giurista Vincenzo Musacchio

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Inchiesta sugli insulti al Presidente Sergio Mattarella. Un gruppo di studenti del Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark ne ha parlato con il professor Vincenzo Musacchio.

L’utilizzo dei social network è luogo, negli ultimi anni, di offese gratuite anche a istituzioni e personalità dello Stato, non ritiene che in qualche modo si debba intervenire?

Le tecnologie più moderne pur assicurando il diritto di espressione “on line” a chiunque, presentano, nondimeno, maggiori rischi per la lesione di valori quali la dignità, l’onore e la reputazione. Naturalmente, di ogni strumento deve sempre valutarsi il soggetto e l’uso che questi ne fa. Il web in questo senso è pericoloso poiché grazie anche all’anonimato porta spesso a forme patologiche di offese spesso gratuite e denigratorie. Negli ultimi tempi si riscontra una maggiore dipendenza da social network, mondo virtuale ove oggi si scatenano gli haters.

Cosa ne pensa delle ultime offese subite dal Capo dello Stato?

Esprimo, ovviamente, la mia stima al Presidente Mattarella e la associo alla mia solidarietà, avendolo conosciuto sia come professore universitario sia come giudice costituzionale, sapendo quanto serio e ligio al suo dovere sia, specie nell’adempimento delle sue funzioni. Ritengo che la magistratura farà il suo corso poiché da penalista so che postare un commento offensivo sulla bacheca di Facebook integri il delitto di diffamazione. Pubblicare un commento su una bacheca di un social network significa dare al suddetto messaggio una diffusione che potenzialmente ha la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone sicché, laddove questo sia offensivo, deve ritenersi integrata la fattispecie aggravata del delitto de quo. Da quello che ho potuto leggere sulla stampa nazionale, sembrerebbe sia contestato anche il delitto d’istigazione a delinquere. Secondo le prime verifiche molte delle persone coinvolte militano in ambienti di estrema destra.

Sembrerebbe che in queste offese sia anche coinvolto un docente universitario, lei che ha insegnato nella stessa Università di questo docente, cosa ne pensa?

Se parliamo del professor Gervasoni, non lo conosco. Se quando mi dice, tuttavia, corrispondesse al vero, credo che il Rettore debba sospendere cautelativamente il docente che proprio in quanto tale, in un contesto d’istruzione, è di esempio per i giovani. Dobbiamo stare attenti alle parole che utilizziamo e al rischio che quelle mal utilizzate possano diventare medaglie da appuntarsi al petto anziché simboli di un “haterismo” con conseguenze spesso molto gravi. Per quanto mi riguarda, ammetto il libero diritto di critica e di satira, ma le offese gratuite rispetto a comportamenti o atteggiamenti che possano in qualunque modo ledere i valori e le istituzioni della Repubblica Italiana e della sua Costituzione, non li ritengo mai ammissibili.

Professore, lei che è un esperto, crede che le indagini saranno celeri?

In questi ambiti le indagini spesso sono molto complesse, tuttavia, in questo caso specifico, mi pare semplice acquisire il testo diffamatorio pubblicato dal proprietario di un profilo, di una pagina o di un gruppo facebook, ma anche eventualmente di una chat, o altri social network. Se tali prove sono già state acquisite e conducono a persone fisiche ben individuabili, le indagini partirebbero perlomeno con il piede giusto.

Che cosa fare in questi casi e come punire questi haters?

Da quando ho cominciato a occuparmi di diritto penale, ho compreso che, per contrastare efficacemente questi nuovi fenomeni che si affacciavano all’orizzonte giuridico, sarebbe stato necessario agire in primis sull’educazione e la responsabilizzazione delle persone. Ciò non esclude, ovviamente, la previsione di una normativa repressiva specifica efficace. Nel caso di specie, in virtù della carica istituzionale ricoperta da Sergio Mattarella, la condotta è aggravata ai sensi del comma 4 dell’art. 595 c.p. che recita “Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad un’Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.”. Nel caso di comportamenti ripetuti nel tempo, dal 2019 la legge italiana punisce all’art. 612 ter c.p. non solo chi mette in atto tali comportamenti, ma anche gli intermediari, ovvero tutti quelli che avendo ricevuto del materiale di natura privata, continuano a condividerlo con soggetti terzi al fine di recare danno alla vittima. Occorrerebbe prevedere anche alcune specifiche sanzioni accessorie che colpiscano in maniera più incisiva i recidivi.

L’intervista a Vincenzo Musacchio, giurista e docente di diritto penale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA), Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra, allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, è stata realizzata dai ragazzi della Rutgers nel loro giornale.


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