Quello che sta avvenendo a Gerusalemme Est è un fortissimo campanello d’allarme sullo stato della democrazia nel villaggio globale. Scontri e provocazioni, l’attacco della polizia israeliana sulla spianata della moschea di al-Aqsa sono pagine che non possono essere rimosse.
Dallo scorso 13 aprile in poi è in corso una giusta e comprensibile rivolta a Sheik Jarrah dei legittimi abitanti palestinesi contro l’occupazione israeliana. Iniziativa assunta – e non è certamente la prima volta- dai coloni che rivendicano il possesso di territori e case in nessun modo riconducibili alla loro proprietà.
Le case furono costruite nel dopoguerra dall’Unrwa (Agenzia dell’Onu e per il soccorso l’occupazione dei rifugiati palestinesi) per i profughi palestinesi e il comportamento del governo di Tel Aviv è davvero esecrabile.
A nulla sono valse le prese di posizione delle Nazioni unite e della comunità internazionale. Continuano imperterriti la politica di occupazione e l’atteggiamento coloniale divenuti un vero e proprio apartheid.
La violenza è divenuta, persino, la normalità. In queste ore il quadro si fa drammatico e prende fiato l’estrema destra rappresentata ormai anche nel parlamento insieme ai filoni fondamentalisti.
Ciò che avviene a pochi chilometri dall’Italia e dall’Europa ci riguarda da vicino, perché ogni sapiente geopolitica non può ritrarsi da una vera politica di pace, con il riconoscimento dei diritti negati del popolo palestinese. Il rischio è che si consumi una tessera di quella terza guerra mondiale diffusa contro la quale ci ammonisce costantemente il Papa di Roma Francesco.
E’ doveroso che il ministro degli esteri Luigi Di Maio batta un colpo, ricordando le risoluzioni inapplicate del Palazzo di vetro.
Il parlamento discuta di un capitolo così tragico. Questo vale pure per l’assemblea di Strasburgo. Ed è un banco di prova per il neo-presidente degli Stati Uniti Biden, che deve decidere se la linea di Trump provocatoriamente alleata di Netanyahu fino all’unilaterale proclamazione di Gerusalemme come capitale è ancora in vigore o no.
Ed è indispensabile che si mobilitano le coscienze democratiche, al di là delle religioni e delle etnie. Se non ora, quando?
E poi, che ne è dell’informazione? Se si guardano i telegiornali, con pochissime eccezioni, ben poco si sa. Già. Non si sa, non si deve sapere, si intitolava una famosa opera di Dario Fo.