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Miracoli visivi: “Lo sguardo implacabile” e altri…

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Lo sguardo implacabile

“Il corriere-The mule”, di e con Clint Eastwood, Usa, 2018.

E’ raro vedere un racconto per immagini veicolare contenuti quasi impercettibili, così tanto umani da essere, per questo, lontani dall’evento della messinscena. Il film di Eastwood “rappresenta” l’essenza ultima di ogni esistenza, la verità, attraverso modalità legate ad un processo selettivo di esposizione. Il personaggio di Earl Stone si manifesta vivendo, soltanto vivendo, facendo ciò che è impossibile non fare quando ne sei costretto. Vivere, sopravvivere, riconoscersi colpevole. Tutto secondo logica, serenamente, dolorosamente e, soprattutto, inevitabilmente. Clint Eastwood mostra, semplicemente. Come solo i grandi sanno e possono fare. Non c’è scampo per lo spettatore, inchiodato allo sguardo del vecchio Earl, specchio impietoso di tutto e tutti…

Il grido della pietra

“Colossale sentimento”, di Fabrizio Ferraro, Ita, 2016.

Come a voler fare scendere il Cristo dell’incipit de “La dolce vita” di Federico Fellini(foto a destra), finalmente, fra di noi, Fabrizio Ferraro mette in scena il documento del ritorno a casa , dopo 4 secoli, del gruppo scultoreo del Battesimo di Cristo(foto a sinistra), realizzato tra il 1630 e il 1640 da Francesco Mochi per la Chiesa di San Giovanni Battista De’ Fiorentini in Roma. Dopo aver peregrinato per ogni dove, nel 2016 l’opera viene riportata nel luogo ad essa originariamente destinata.

Arte di puro incantamento, il “documentario” di Ferraro si muove tra trascendenza e materia, regalandoci emozioni senza tempo, che prescindono dall’essere o meno credenti. Il suo film attraversa Roma, in una notte di un bianco e nero abbacinante, a ricordarci l’umano che non vuole arrendersi, a regalarci consapevolezza del nostro essere “solo” colossale sentimento per gli altri. Unica condizione per dirci uomini…

La Storia e la Santità

“La passione di Giovanna d’Arco”, di Carl Theodor Dreyer, Dan., 1928.

Il 25 ottobre del 1928 veniva presentato, a Parigi, uno dei più grandi film della storia del cinema, “La passione di Giovanna d’Arco”, del geniale regista danese Carl Theodor Dreyer. Ispirato alla vicenda della santa guerriera condannata al rogo dall’Inquisizione, il film segna l’addio al cinema muto come meglio non si poteva fare. I ripetuti primi piani della sofferenza ieratica di Giovanna, interpretata dalla straordinaria Renè Falconetti, sono scanditi da una rara capacità di coinvolgimento dello spettatore. Al punto che il celebre filosofo francese Gilles Deleuze, nel suo fondamentale saggio “L’immagine-movimento”, specifica (cito in ordine sparso) <<il primo piano cinematografico è un’immagine affezione e il suo ruolo è quello di astrarre l’immagine dalle coordinate spazio-temporali per trasformarla in icona, espressione pura di un affetto che non esiste separatamente da ciò che lo esprime: nel vedere un volto sofferente vediamo la sofferenza in persona…Il film affettivo per eccellenza è “La passione di Giovanna d’Arco” di Dreyer. Il regista astrae la passione dal processo attraverso una predominanza di primi piani del volto della santa>>. Cinema puro, che va oltre se stessa. Tecnica che diventa morale. Immagine che si trasforma in poesia. Storia che lascia il passo all’assoluto.

 


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