La cosca dei Gallace, da clan locale, è divenuta nel tempo una holding internazionale. Ci troviamo di fronte ad un’organizzazione criminale di stampo mafioso, con una storia di violente faide e stragi. I Gallace, assieme ai Tedesco, nei primi anni ’70 furono al centro della faida che nel loro paese li vide avere la meglio sui Vetrano -Randazzo. Ad oggi, la ndrina si è estesa, ed inserita nei cartelli dei narcotrafficanti, attiva nei comuni di Anzio, Nettuno, Ardea, Roma sia in alcuni centri della periferia milanese, quali Arluno, Bollate, e Rho e nell’area toscana di Valdarno, in Europa (Olanda, Germania e Spagna) e in Colombia, Australia, Venezuela e Canada. A capo della locale – riconosciuto nell’ambiente del crimine- ci sono: Vincenzo, Agazio e Cosimo Gallace. Per rendere sempre più impenetrabile e saldo il potere, si sono uniti in matrimonio fra consanguinei ed appartenenti alla stessa cerchia delinquenziale. Un esempio è l’unione di Vincenzo Gallace, che sposa sua cugina di primo grado Rosa Andreacchio e, per inserirsi nella criminalità organizzata reggina, sceglie come “compare di anello” Edoardo Novella, figura di notevole spessore criminale secondo le forze dell’ordine e padre di Vincenzo e Carmelo Novella, quest’ultimo detto “Nunzio” in seguito diventerà capo della “Lombardia” e ai vertici della “locale” di Guardavalle, ucciso nel luglio del 2008 per ordine di Vincenzo Gallace.
Il 4 agosto del 1991, si consuma la “strage di Guardavalle” dove i gruppi contrapposti; alcuni membri della famiglia Emmanuele di Santa Caterina dello Ionio e i “Procopio” di Monasterace, e i Gallace-Metastasio-Loiero-Ruga, sono usciti allo scoperto creando un violentissimo scontro armato. In passato, gli Emmanuele, si erano resi responsabili di uno sgarro, avevano denunciato personaggi appartenenti al locale di Guardavalle. Nella strage hanno perso la vita, Francesco e Cosimo Emmanuele e il cognato Primo Procopio (imparentato con i Ruga) crivellati da una pioggia di proiettili. La strage è stata dettagliatamente ricostruita dal collaboratore di giustizia Giovanni Andreacchio. Invece il testimone oculare Nicola Carnovale scomparve l’8 febbraio del 1993. Due anni dopo viene assassinato a colpi di pistola il padre, Pietro Carnovale. Per la strage di Guardavalle il boss Cosimo Damiano Gallace venne condannato a 27 anni. Cosimo viene scarcerato nel 2014- secondo le indagini della DDA di Catanzaro e Firenze- amplia la rete del narco traffico del clan. Utilizzando, secondo gli investigatori, un sofisticato sistema di comunicazioni criptato con un server in Costarica. Sono le risultanze dell’operazione Molo 13 del 15 aprile del 2021 che scatta tra Guardavalle, Anzio, Nettuno. Emergono i canali di approvvigionamento diretti con il sud America e il nord Europa ed un ruolo fondamentale svolto dalla colonia “criminale” nel Lazio. Cosimo Damiano Gallace svolge un ruolo fondamentale nel clan nella sua proiezione tra Nettuno ed Anzio come attesta la condanna a 14 anni nel processo Appia. Un ruolo svolto anche durante la sua detenzione a Rebibbia dove viene interpellato e manda le sue “ambasciate”. Cosimo Damiano Gallace è il volto “antico” del clan il volto moderno è invece rappresentato da Cosimo Damiano Gallace detto Cosimino classe 1990 nato ad Anzio e figlio di Vincenzo. Nella sua sentenza di condanna c’è scritto che “ha assunto una posizione centrale e di riferimento per il gruppo mafioso”. Per questo ha scontato già una condanna per associazione mafiosa a 6 anni. I magistrati nella sentenza evidenziano come lo stesso Cosimino era già organico al clan a vent’anni. Il clan Gallace d’altronde è come le altre aggregazioni di ‘ndrangheta formato da uomini del “passato” che hanno superato le stagioni delle faide e le “nuove leve” cresciute al centro-nord. La forza della ‘ndrangheta è anche nel sapere coniugare la modernità e la tradizione.
(nella foto Vincenzo Gallace)