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Il parallelo (possibile) tra Mario Draghi e Pio XIII

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Prima di Mario Draghi ci aveva provato, in modo inconsapevole, anche Paolo Gentiloni nella sua esperienza da Presidente del Consiglio. Il passaggio – drammatico, per molti fan dei social – dal premier/comunicatore Renzi all’attuale commissario europeo, notoriamente uomo di comunicazione essenziale, aveva stupito i tanti che si dilettavano da mesi a forza di commenti sui profili online dell’allora segretario Pd. E così è stato anche il passaggio del testimone tra il governatore Draghi, uomo (anche lui) dalla comunicazione non esattamente spumeggiante e il premier Giuseppe Conte, personaggio costruito quasi totalmente nella rete (anche se poi ha dimostrato di sapersi muovere agevolmente anche fuori da essa).

Lenny Belardo – Papa Pio XIII della serie tv di Paolo Sorrentino – portava ad esempio massimo di comunicazione accettabile un piatto completamente bianco, senza effige del Vaticano né volto del Pontefice. “Io non esisto, esiste solo Gesù Cristo!” Ora per carità, nessuno pretende che i politici si lancino in performance comunicative così ardite, per quanto non sarebbe sbagliato provare a volare alto. Per dirla con Isaac Davis/Woody Allen nel celebre ‘Manhattan’, accusato di credersi Dio, lui replica “Io a qualche modello dovrò pure ispirarmi!” e il modello di un comunicatore che sceglie l’assenza al posto della (onni)presenza e il contenuto in luogo della forma, potrebbe essere oggi un modello destinato a segnare una discontinuità importante di questi tempi.

Gli uomini più potenti della prima repubblica erano tutt’altro che comunicativi. E non perché non esisteva internet, ma perché dosavano in modo assai attento, a volte maniacale, ogni uscita sui media. Ottenere un’intervista in televisione era spesso impresa che richiedeva settimane di trattative. Lo sa bene Giovanni Minoli ai tempi di Mixer e delle celebri interviste ad Amintore Fanfani e a Enrico Berlinguer.

Il mito della comunicazione 2.0 è il vaccino del nostro settore. Inocularne poco perché il sistema immunitario impari a gestire la malattia. Da questo punto di vista, il Presidente Draghi – oggi già molto più mediatico rispetto alle prime settimane – è partito col piede giusto. I profili social alimentano un mercato di odio e bufale che il più delle volte mette in relazione solo le persone che lì per lì scrivono il commento sotto a un post. E la cosa non va oltre. Nella migliore delle ipotesi alimenta forse l’autostima di chi scrive immaginando di aver appena insultato/osannato il politico di turno. Qualcosa di fine a sé stesso e quindi quasi completamente inutile.

L’attuale strategia della comunicazione del Presidente del Consiglio, casuale o studiata che sia, al momento porta un minimo di ristoro al chiasso dei pollai impazziti che vanno in scena da internet alla tv. Lo stupirsi generalizzato degli osservatori, e la continua analisi di un fenomeno francamente molto banale, la dice lunga sulle prospettive del ‘mercato della comunicazione politica’ italiana. La corsa dietro ogni genere di innovazione tecnologica online ha annientato ogni profondità di processo politico a vantaggio di una superficialità che negli ultimi dieci anni circa ha impoverito uno scenario che, in ere geologiche passate, era stato molto più ricco e proficuo.

Vedremo se, passata l’ubriacatura da social network – anche grazie ai modelli Gentiloni/Draghi – si tornerà a osservare uno scenario, anche del mondo professionale legato alla politica, realmente innovativo e ricco di contenuto.

Pio XIII si era fatto ritrarre per la sua prima apparizione pubblica in piazza San Pietro con i riflettori puntati sulla folla per non essere visto in volto. Non che ci si aspetti questo dalla politica, ma il dosaggio della potenza dei fari mediatici va comunque calibrato con saggezza, come qualcuno ci sta finalmente obbligando a fare.


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