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Giornalisti in piazza a Bologna, Aser e Fnsi: «Il tempo sta scadendo, il governo ci ascolti»

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Al presidio dell’Assostampa per la dignità del lavoro, l’autonomia della categoria e il diritto dei cittadini ad essere informati, promosso nell’ambito della mobilitazione nazionale del primo giugno, anche, fra gli altri, il presidente dell’Ordine regionale, Giovanni Rossi e il presidente Giulietti. Matteo Naccari: «L’auspicio è che politici e cittadini capiscano i nostro problemi».

Lavoro senza contratto, mancanza di equo compenso per i collaboratori, la grande crisi dell’Inpgi. In tutto questo, la pandemia da un lato ha fatto calare il lavoro dei precari, che dunque sono sempre più precari, e dall’altro ha visto crescere le minacce ai cronisti, tra un comizio “no mask” e l’altro. Oggi, 29 maggio, un presidio a Bologna, prima tappa della mobilitazione che il primo giugno porterà in piazza i giornalisti italiani, ha provato a “risvegliare le coscienze” di addetti ai lavori e cittadini.

«Il tempo sta scadendo», il ritornello al sit-in. Il presidente Fnsi, Giuseppe Giulietti, si è rivolto direttamente al premier Mario Draghi: «Siamo qui per dire al presidente del Consiglio, che ha confezionato un piano di ricostruzione per il Paese, che bisogna ricostruire anche il sistema mediatico italiano. Ci sono – ha ricordato – migliaia di croniste e cronisti che attendono dal 2012 l’applicazione della legge sull’equo compenso».

Tra striscioni e volantini, ai piedi di palazzo d’Accursio, in piazza Maggiore, con l’Associazione Stampa dell’Emilia Romagna c’erano anche Ordine regionale dei giornalisti e alcuni parlamentari.

«Vogliamo dare un messaggio preciso, di vicinanza ai giornalisti precari minacciati nel loro lavoro, di tutela legale e difesa davanti ai cittadini. Abbiamo chiesto alla politica di ascoltarci e aiutarci, perché i politici non possono chiamarci solo quando hanno bisogno di finire sui giornali o in tv», ha scandito il presidente dell’Aser Matteo Naccari.

Accanto a lui i giornalisti Maria Elena Gottarelli, aggredita nei mesi scorsi durante un presidio “no mask”, e Valerio Lo Muzio, anche lui minacciato per il suo lavoro durante i medi del lockdown.

«Questo è il momento in cui c’è bisogno di loro e speriamo che anche i cittadini capiscano i nostri problemi», ha proseguito Naccari. D’accordo Lo Muzio, preoccupato anche per «il precariato crescente nel nostro settore, che va di pari passo con la crisi pandemica».

Giovanni Rossi, presidente del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, ha avvisato preoccupato sul nodo Inpgi: «Bisogna salvaguardare il sistema previdenziale dell’informazione e occorre farlo rapidamente perché i tempi sono strettissimi. Entro il 30 giugno si deve decidere cosa fare dell’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani. E serve anche l’equo compenso per i giornalisti privi di un rapporto di lavoro dipendente. La legge c’è già – incalza Rossi – si tratta di applicarla».

Aggiunge Giulietti: «Equo compenso significa dare tutele e non abbandonare gente che prende 6, 7 o 8 euro, talvolta pure in nero, e che magari fa servizi su mafia e camorra. In Emilia Romagna, per fortuna, è stato organizzato un coordinamento di questi colleghi, una rappresentanza c’è».


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