François Mitterrand, classe 1916, di cui quest’anno ricorre il venticinquesimo anniversario della scomparsa, è stato senza dubbio uno dei più grandi presidenti che la storia francese ricordi. Socialista, strenuo avversario di De Gaulle e della sua riforma costituzionale, che non a caso definì a suo tempo “colpo di Stato permanente”, venne eletto, sconfiggendo Valéry Giscard d’Estaing, il 10 maggio 1981, rendendosi protagonista di una memorabile visita al Panthéon di Parigi, rendendo omaggio a Jean Jaurès, Jean Moulin e Victor Schoelcher.
Mitterrand, noto in Italia per la sua dottrina, volta a difendere alcuni protagonisti degli Anni di piombo in Italia, garantendo loro accoglienza e garanzie legali, è stato il dominus della Francia negli anni Ottanta e Novanta, avendo l’onore di celebrare il bicentenario della Rivoluzione e distinguendosi per politiche sociali ed economiche avanzate, per l’abolizione della pena di morte e per progetti di grandeur che andavano in direzione opposta rispetto all’autarchismo tipico dei gaullisti.
Mitterrand c’era nei giorni in cui venne abbattuto il Muro di Berlino, c’era ai tempi della riunificazione tedesca, c’era a Verdun nel settembre del 1984, quando insieme a Kohl chiuse per sempre una delle pagine più atroci della storia del Novecento europeo, c’era nei giorni in cui veniva ridefinita l’architettura del Vecchio Continente con il Trattato di Maastricht e c’era quando si posero le basi per la nascita dell’euro.
Se n’è andato, all’età di settantanove anni, l’8 gennaio 1996, sconfitto da un cancro alla prostata, costretto ad arrendersi al termine di una vita intensa e meravigliosa, vissuta per intero da combattente, senza mai arrendersi, senza mai indietreggiare, senza mai rinunciare alle proprie idee e senza fermarsi di fronte a nessun ostacolo.
Ha incarnato l’anima combattente della Repubblica, il punto di riferimento della sinistra, l’uomo di mille svolte, contestato, discusso, amato, temuto, ritenuto, a ragione, un gigante, al netto di una vita privata alquanto movimentata e di un machiavellismo politico che gli valse il soprannome di “le Florentin”. Uno dei suoi meriti è stato di non aver mai intrecciato i due piani, affrontando il suo ruolo di governo con estremo rispetto verso cittadini e istituzioni.
Ci manca molto, anche perché forse è stato davvero l’ultimo monarca repubblicano di una Nazione che, dopo di lui, è andata incontro a un declino impossibile da accettare per un popolo che ha fatto della grandezza la propria ragione di esistere.
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