Con le lacrime agli occhi prego perché Franco Battiato abbia già trovato il silenzio e la pazienza in un luogo dove avranno cura di lui e lo proteggeranno dalle paure e dai turbamenti. Come lui ha scritto nella più bella canzone d’amore della musica italiana, la Cura, una composizione che parla al più profondo del cuore di chi vuole sentire, di chi vuole porsi in sintonia con l’altro. Il maestro adesso potrà guarire dalle sue malattie perché è davvero un essere speciale.
La generazione dei settantenni che nella musica italiana è fortissima e può allegramente fingere di essere sempre giovane – da Venditti a Ranieri, da Baglioni a De Gregori, da Fossati a Zero, e così via – si trova ora orfana del fratello maggiore che però si era fatto conoscere in ritardo, segnando il campo con solchi indelebili.
Battiato, per molti l’incomprensibile, che scriveva testi complessi ma tutti analizzabili, traducibili, pieni di cultura mediterranea e orientale, di riferimenti scanzonati o anche biblici, filosofici o da filastrocca, un geniale cantore di mondi vicini e lontani , ma solidali, uniti, che si sono sempre parlati e di cui la musica sembrava essere il grande traduttore simultaneo. Battiato, mai formalmente impegnato, ma portatore in ogni brano di valori assoluti di solidarietà, di sensibilità sociale, di cultura dell’ambiente, un uomo del futuro forse spesso a disagio con il suo presente.
E’ un momento triste per la cultura italiana, quindi per tutti noi, consapevoli che un paese che deve rinascere è anche dalla cultura che deve ripartire, soprattutto se si chiama Italia. Altrimenti non torverà mai il suo centro di gravità permanente. Grazie Battiato!