La gramigna è una pianta perenne, “competitiva” ed aggressiva. Gramigna è il nome che è stato dato alla più importante operazione contro il clan Casamonica. Oggi questo procedimento che ha portato alla sbarra- decine e decine di donne ed uomini della famiglia-sta per concludersi. E’ stato il frutto di una grande inchiesta dei carabinieri del gruppo di Frascati, reparto, poco conosciuto ma con grandi professionalità, che negli anni ha dedicato un grandissimo impegno a raccogliere prove e testimonianze contro questo clan. Tutto questo non distogliendo la sua attenzione su altre aree territoriali “calde” come Tor Bella Monaca. L’inchiesta costruita, prova su prova, dal sostituto procuratore Giovanni Musarò ha fatto emergere la potenza di un clan –per decenni- sottovalutato. Sia nelle aule di giustizia, sia nei “palazzi della politica”. Si sa si diceva: sono quattro zingari che fanno ricettazione.” Il senatore Peruzzotti ha anche fatto riferimento ai Casamonica. Mi è sembrato di carpire una curiosità` del senatore su un nome che a Roma è tristemente noto e sta ad indicare il ricettatore, colui che acquista l’oro di famiglia asportato con un furto in appartamento. Sarà` quindi un nome che gli è rimasto certamente nella memoria”. Era il 6 maggio del 2003 e questa era la risposta che il questore di Roma, dell’epoca, Nicola Cavaliere dava ad una domanda formulata sul clan dei Casamonica durante un’audizione innanzi la commissione parlamentare antimafia. Peccato che, solo poche settimane prima, il sostituto procuratore della DDA Lucia Lotti avesse coordinato un inchiesta, del centro operativo DIA di Roma, che aveva portato al sequestro dei beni di decine e decine di uomini e donne del clan ai sensi della normativa antimafia. Sequestro in seguito in gran parte revocato.
Torniamo, ai giorni nostri, al processo Gramigna nel processo accanto a Musarò c’è il pm Stefano Luciani, a lungo sostituto a Caltanisetta. La requisitoria dei due magistrati ha ricostruito, attraverso la produzione di decine di sentenze, la storia giudiziaria del clan, la sua forza d’intimidazione, la sua fama criminale e i suoi rapporti privilegiati con il gotha della malavita romana. In qualche caso si tratta di provvedimenti che avrebbero potuto costituire un punto di partenza per il contrasto del clan ben trent’anni fa. E’ il caso del decreto di sequestro dei beni della famiglia Nicoletti che racconta come i Casamonica fossero già dagli anni 70 “spezzapollici” per Enrico Nicoletti. Sentenza per “addetti ai lavori” (chi scrive la considera un pezzo di storia delle mafie a Roma) e niente più per troppo tempo. Nella loro lunga requisitoria i pm hanno raccontato le decine e decine di testimonianze molte delle quali ritrattate per paura durante il processo, le pressanti richieste alle vittime dei soldi per i carcerati: “questa a Gela si chiamerebbe estorsione ambientale ha più volte ripetuto il pm Luciani”. Il pm Luciani ripercorre la testimonianza di un imprenditore costretti a “regalare” ai Casamonica merce per 150.000 euro in un anno e mezzo. Vittime che sono costrette a pagare 200.000 euro a fronte di un prestito iniziale di 800 euro. E poi quello che tutta Roma sa, lo sa da tempo, ben prima di Gramigna. I Casamonica crescono i loro figli a “pane e pugilato”. Chi vive a Roma sa che questa non è solo una passione sportiva (che ha portato anche trofei) ma è soprattutto la capacità di creare e addestrare un esercito che è pronto a spaccare ossa, a rompere nasi e zigomi. Ben prima di Gramigna: è il 25 aprile del 1990 quando Luciano Casamonica ammazza di botte un ragazzino di 17 anni. Ci sono poi i pestaggi che subisce il coraggioso imprenditore iraniano Mehdi Dehnavi massacrato di botte perché chiede-11 anni fa prima di Gramigna- di essere pagato per i suoi marmi dai Casamonica ed ha “la schiena dritta” e il coraggio di volerli denunciare. Riportano i giudici della cassazione nella condanna a Guido Casamonica per estorsione una minaccia delle tante:” “tu sai chi siamo noi, se non mi dai i capitelli ti uccidiamo, ti diamo fuoco alle tua ditta e poi chiudiamo tutto”. Già 11 anni fà era un clan che usava il metodo mafioso ma nessuno sembra se ne accorgesse. La violenza, la forza d’intimidazione e i tanti delitti e coincidenze non approfondite: è il caso del delitto di Elio Antonio Perri ammazzato a colpi di 44 magnum, il 16 novembre del 1991, in una mercedes 500 di Vittorio Casamonica. E’ questa la storia dei Casamonica: un clan che si è “mangiato” un pezzo della città più bella del mondo. Una storia che speriamo finisca, una storia che merita anche di far emergere quelle responsabilità di chi, negli anni, non ha agito, ha sottovalutato ed ha girato la testa “dall’altra parte”.